venerdì 5 dicembre 2014

LETTERA AL MIO CUORE di Franco Arminio

LETTERA AL MIO CUORE di Franco Arminio


8


Noi siamo nel nostro corpo e anche fuori. Non c’è nessuno che
raccoglie il sudore con cui abbiamo aperto la portiera di una
macchina in un pomeriggio estivo, non c’è nessuno che conserva lo
sguardo con cui abbiamo guardato un cane in un’alba invernale. La
nostra vita non ha un dio che la segue e neppure un dio che la
precede. Si svolge in disordine, nel disordine delle altre creature.
Da qualche parte c’è un albero che potrebbe rimproverarci di avergli
staccato una foglia in un momento di distrazione. Abbiamo baciato un
seno in un lontano giugno di molti anni fa e non ricordiamo il nome
della donna, non ricordiamo il nome di un vecchio che davanti a una
fontana riempiva una bottiglia d’acqua. Non c’è un deposito per
queste scene.
Ora ho il cuore come un pulcino e la punta si solleva, si apre, come
se potessi nutrirlo di qualcosa. Posso solo scrivere, caro mio
cuore, non posso darti altro a quest’ora. Sono le due di notte, non
posso chiamare nessuno. Qui non ho neppure la connessione, non posso
connettermi con qualche nottambulo in rete. Domani mattina, se vuoi,
possiamo andare in un paese. Facciamo quello che abbiamo fatto
sempre. Io guardo e tu se vuoi mi fai paura, mi fai credere che ti
stai spaccando, lo hai fatto tante volte. La morte passa per il
cuore. O forse sei tu caro mio cuore a passare per la morte e io ti
seguo mentre fingo di fare la mia vita, io sto con te, cerco di
proteggerti perché sei tu che mi fai camminare, sei tu che ti gonfi
nell’amarezza e ti fai timido nella gioia. Ora io potrei dormire,
lasciarti solo in questa stanza. Non so cosa fai di notte quando non
ci sono, quando mi giro nel letto per finire un sogno. Io e te
insieme non abbiamo risolto niente, non ci siamo dati nessuna
felicità, l’abbiamo sempre evitata. Io e te quando stiamo con gli
altri siamo a disagio, perché parliamo tra di noi e non con loro.
Ora tu sei diventato una ripida salita e vorresti che io salissi
fino in cima. A volte ti fai lago con un mulinello in mezzo. E mi
ricordo di quando stavi appoggiato al centro di una ragnatela. In
macchina, quando prendevo un fosso, temevo che potessi cadere, come
se nel corpo ci fosse il vuoto, come se avessi solo te caro mio
cuore nel mio corpo. Per farti spazio me ne sono uscito pure io dal
mio corpo, non so quando è accaduto. E non ho lasciato entrare
niente, è un cinema senza sedie il mio corpo, una chiesa senza
banchi. Sei di nuovo deluso questa sera, lo so, tu ti fai sempre
deludere. La realtà non è il tuo posto, non so se il tuo disagio
dipende da come marcia il mondo, penso che sia per altro, e non lo
sappiamo né tu né io cosa sia.
Ora mi fai male o sono io che ti faccio male. Io so che non sei un
muscolo ma una bestia. Chi vede in me una bestia è perché sta
vedendo te. Io quando scrivo cerco di farti vedere, mi piace esporti
ma non ci riesco. Come si fa a dire quello che sento adesso sulla
tua punta, un misto di amaro e debolezza, una crepa e un coltello,
tu sei una voragine con me dentro. Io sono il padre dei miei figli,
tu no, tu non sei padre e figlio di nessuno. Il cuore di tua madre è
qui sotto, è appeso a un filo, lo stesso filo a cui stai appeso tu,
ma ogni cuore ha un peso, ogni cuore si strofina a un muro, ogni
cuore ha un buio alle sue spalle che nessuno illuminerà mai. I cuori
sono come i paesi, non ce ne sono due uguali. Comunque dovremmo
farcela ad arrivare fino a domani e può darsi anche che ci sia il
sole. Lo so che il sole ti piace e ti fa stare tranquillo. Non
saremo felici, stanne certo, ci sarà sempre qualcuno che proverà a
incentivare la nostra pena, a sminuire la gioia appena accenna a
prendere corpo. Non sono paranoico, credimi, è che forse io e te non
stiamo bene insieme, sappiamo solo spiarci, siamo troppo gelosi uno
dell’altro. Ora non so più che dirti, che dire. Non ti so dare una
soluzione, un luogo, una vita che ci possa esaudire. Posso darti la
mia impazienza come tu mi dai la tua. So che fino a quando moriremo
sarà sempre così, non avremo pace. E va bene, lo abbiamo detto, lo
abbiamo ripetuto, chi voleva saperlo lo ha saputo.

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