domenica 16 marzo 2014

LA TRADIZIONE - TANKA DAL MANYŌSHŪ


LA TRADIZIONE - TANKA DAL MANYŌSHŪ

Shōtoku Taishi (574-622) 

Secondogenito dell’imperatore Yōmei, Shōtoku Taishi è una delle maggiori personalità della storia del Giappone. Fu chiamato anche Umayado, perché sua madre, presa inaspettatamente dai dolori del parto, lo diede alla luce nella stalla dei cavalli (umaya). Durante il regno dell’imperatrice Suyko (593), sua zia, fu nominato reggente. Favorì la diffusione del Buddhismo e promulgò un codice di leggi ispirato alla Costituzione cinese. Ebbe quattordici figli. Come buddhista fu seguace del maestro Eji di Koma (Corea). Fece erigere quarantasei splendidi templi, inviò per primo un’ambasciata in Cina e adottò, nel 604, il calendario lunare cinese. Oltre alle sue poesie, è ricordato per due saggi storici che pubblicò un anno prima di morire. 

Ie naraba Imo ga te makan Kusa makura Tabi ni koyaseru Kono tabibito aware 

 Se fosse a casa fra le braccia amate riposerebbe, povero viandante. Qui, lungo la strada, si dissolve sopra un letto d’erba. 

 (Man. 3, 415) 

 Yamanoue No Okura (660-733) 

 È considerato uno dei maggiori poeti del Manyōshū. Ufficiale di Stato e profondo conoscitore della letteratura cinese, fu inviato come ambasciatore in Cina (701) e, dopo il suo ritorno, fu nominato governatore delle province di Hōki e Chikuzen (725). 

Wakakereba Michiyuki shiraji Maiwasen Shitae no tsukai Oite toorase 

È così piccolo ancora che non conosce la strada. Potessi corrompere un messaggero del Cielo che l’accompagni di là...

(Man. 5, 905) 

 Shiki No Miko 

Di questo poeta si sa che era figlio dell’imperatore; è conosciuto quindi come Miko, cioè principe, anche se le sue poesie, raccolte nel Manyōshū, sono firmate col nome d’arte Yūhara No Okimi. Già allora in Estremo Oriente era d’uso lo pseudonimo. Shiki No Miko morì giovanissimo. 

Iwabashiru Tarumi no ue no Sawarabi no Moeiduru haru ni Nari ni keru kamo 

 Sopra la pietra corre giù la cascata, si aprono gemme di felci cercinate – la primavera è qui. 

 (Man. 8, 1418) 

 Kakinomoto No Hitomaro (?-729) 

 È poeta assai famoso, vissuto tra il settimo e l’ottavo secolo. Non si conosce l’anno della sua nascita, e quello della morte (729) è solo probabile. Chiamato a Corte, fu al servizio dell’imperatrice Jitō e dell’imperatore Mommu. Morì a Ywami. Ad Akashi (Harima) venne innalzato un tempio in suo onore; là fu venerato come il dio della poesia. La critica letteraria è pressoché concorde nel ritenere Kakinomoto No Hitomaro il maggior poeta del Manyōshū. 

Hito no mite Koto togame senu Yume ni ware Koyoi itaran Yado sasu na yume 

Nessuno potrà vedermi né chiedermi qualcosa – In sogno verrò da te stanotte, non chiudere la porta al sogno. 

 (Man. 12, 2912) 

 Ōtomo No Sakanoue (?-750)  
Fu una signora dell’alta aristocrazia. Figlia di Otomo Yasumaru e sorella del poeta Tabito, visse nella prima metà dell’ottavo secolo, ma di lei non si hanno dati precisi. C’è chi fissa la data di morte all’anno 750, perché risale a quell’anno la sua ultima poesia. Dalla critica letteraria più avvertita fu sempre considerata una poetessa di spicco. 

Sakazuki ni Ume no hana ukabe Omoudochi Nomite no nochi wa Chirinu to mo yoshi 

 Nei calici del sake petali di pruno galleggiano. Dopo aver bevuto con l’amico del cuore cadano pure i fiori... 

 (Man. 8, 1656) 

 Otomo No Yakamochi (718-785) 

 Figlio del poeta Otomo No Tabito, governatore delle province di Yamashiro e Setsu, trascorse una vita tribolata. Fu governatore di provincia e consigliere di Stato. Capeggiò una spedizione per sedare la rivolta nelle province dell’Est. Ebbe un’attività letteraria molto intensa, ma la maggior parte della sua produzione è andata perduta. Ci restano le 479 poesie dell’ultimo periodo del Manyōshū. Alla redazione finale di questa prima grande antologia poetica diede un contributo considerevole. 

Waga yado no Obana ga ue no Shira-tsuyu o Ketazute tama ni Nukumono ni mo ga 

Bianche gocce di rugiada sui pennacchi di canna del mio giardino. Potessi perforarle intatte... Una collana per te. 

 (Man. 8, 1572) 

 DAL KOKINSHŪ Ki No Tomonori (?) 

 Anche di questo poeta, uno degli uomini di Corte incaricati dall’imperatore Daigo (898-930) di redigere il Kokinshū, non si hanno dati anagrafici certi. Era figlio di Ki No Aritomo, celebrato autore di waka, e fu segretario della provincia di Tosa (l’attuale prefettura di Kōchi). Nel Kokinshū i poeti Mibu No Tadamine e Ki No Tsurayuki esprimono il loro rimpianto per la morte di Tomonori; che avvenne, quindi, prima che fosse completata l’antologia (920 circa).   
Hisakata no Hikari no dokeki Haru no hi ni Shizu-kokoro naku Hana no chiruran 

Quieta è la luce nei giorni di primavera, ma non c’è pace per questo cuore – sono caduti i fiori. 

(Kokin. 2, 84) 

 2 Inochi ya wa Nani zo wa tsuyu no Adamono o Au ni shikaeba Oshikaranaku ni 

Cos’è la vita? Goccia di rugiada che svapora. Eppure la darei per poterti incontrare. 

(Kokin. 12, 615) 

 Ono No Komachi (?) 

 Fu una signora passionale, intelligente e bellissima; tanto che in Giappone, per una donna che le somigli, si dice ancora: «È la Komachi di questa borgata...». Alcune sue poesie furono incluse anche nell’antologia Shinkokinshū. Nella prefazione al Kokinshū il poeta Ki No Tsurayuki ne esalta il talento. Fu annoverata tra i Rokkasen, i sei maggiori poeti della sua epoca (la metà del nono secolo). 

1 Hana no iro wa Utsuri ni keri na Itazura ni Waga mi yo ni furu Nagamese-shimai  
Così presto è svanito il colore dei fiori. Lo sguardo nel vuoto, vedo passare i giorni e questa pioggia cadere senza fine.  
(Kokin. 2, 113) 

 2 Wabinureba Mi o uki-kusa no Ne o taete Sasou mizu araba Inan to zo omou  
Solitaria e triste – sono l’erba galleggiante tagliata alla radice: la corrente più forte mi trascina con sé. 

 (Kokin. 18, 938) 

 Ariwara No Narihira (825-880) 
 Di nobile casato, figlio della principessa Itō, fu considerato uno dei migliori poeti del nono secolo (uno dei Rokkasen ) e diede il suo significativo contributo alla compilazione del Kokinshū, anche se uno dei due prefatori dell’antologia, il poeta Ki No Tsurayuki, non gli risparmia critiche. Scrive che il suo sentimento «è troppo passionale» e che «la sua opera è simile a un fiore appassito». Si credette, allora, che la passione romantica e gli intrighi amorosi di Ariwara No Narihira avessero fornito il materiale per l’Ise Monogatari («I racconti di Ise»). 

1 Tsuki ya aranu Haru ya mukashi no Haru naranu Waga mi hitotsu wa Moto no mi ni shite 

 Non è più la stessa luna né più la stessa primavera d’un tempo – io solamente rimango quello che sono stato. 

 (Kokin. 15, 747) 

 2 Yo no naka ni Taete sakura no Nakariseba Haru no kokoro wa Nodokekaramashi 

 Se non ci fossero in questo mondo i fiori del ciliegio il cuore in primavera sarebbe più sereno. 

 (Kokin. 1, 53) 

 Anonimo Chirinu to mo Ka o doni nokose Ume no hana Koishiki toki no Omoide ni sen 

Anche se caduti lasciatemi almeno il profumo, fiori di susino; sarà per me il ricordo di quando mi struggevo per voi. 

 (Kokin. 1, 48) 

 Fujiwara No Toshiyuki (?)  
Non se ne conosce la data di nascita. Alcuni testi fissano la data di morte all’anno 901, altri al 907. Ebbe incarichi di fiducia in alcune province e, in seguito, anche a Corte. 

 Aki kinu to Me ni wa sayaka ni Mienedomo Kaze no oto ni zo Odorokarenuru  
Anche se agli occhi l’autunno non appare, è arrivato – mi fa trasalire la voce del vento. 

 (Kokin. 4, 169) 

 Kiyohara No Fukayabu (?) 

Di questo poeta del Kokinshū abbiamo una sola notizia certa: fu nominato cortigiano di quinto grado nell’anno 931. 


 Fuyu-nagara Sora yori hana no Chiri-kuru wa Kumo no anata wa Haru ni ya aruran 

 Dura l’inverno e fioccano dal cielo petali di fiori... – Di là delle nuvole è certo primavera. 

 (Kokin. 6, 330) 

 DAL GOSHŪISHŪ Izumi Shikibu (Sec. IX) 

 Fu considerata poetessa di primo piano, tanto da essere invitata a Corte come damigella d’onore dell’imperatrice Jōtō-mon-in. I suoi tanka sono frutti esemplari della letteratura classica di corte. 

1 Mono omoeba Sawa no hotaru no Waga mi yori Akugare izuru Tama ka to zo miru, 

 Afflitta, pensando a lui, anche la lucciola della palude somiglia all’anima da me uscita in ansia errabonda. 

 (Goshūi 20, 1164) 

 Mono omoeba, 1. 

2 Kuraki yori Kuraki michi ni zo Irinubeki Haruka ni terase Yama no ha no tsuki. 

 Fuori dalle tenebre per un sentiero scuro debbo inoltrarmi. M’illumina di lontano, luna della cresta dei monti. 

 (Goshūi 20, 1342)

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