martedì 17 giugno 2014

NON È UN PAESE PER DONNE - Autori vari

NON È UN PAESE PER DONNE
Racconti di straordinaria normalità

Nel 2011 usciva un libro "Non è un paese per donne (Racconti di straordinaria normalità)" che cercava di raccontare la condizione femminile nel nostro paese attraverso la voce di quattordici scrittrici italiane.
Un libro che consigliamo di leggere perché è ancora attuale e alla fine ci sarebbe da chiedersi se in questi ultimi tre anni qualcosa sia cambiata.

______________________ IL LIBRO

Chi sono le donne italiane di oggi? Ad ascoltare la TV e a leggere i giornali, domina l’immagine della “donna-corpo”: quella rimbalzata sulle cronache per le escort, per le modelle prestate alla politica, donne belle ad ogni costo, donne che usano e fanno usare il proprio corpo come merce di scambio o passepartout per il futuro. Ma a guardarsi attorno, nella realtà quotidiana, queste donne sono la minoranza. Esiste, e va per la maggiore, un altro modello di donna, la “donna normale”.
Come le protagoniste dei racconti compresi in questa antologia, scritti da autrici diversissime per età, formazione, provenienza geografica, ma unite da un unico obiettivo: offrire un’istantanea dai toni molteplici – comici, drammatici, ironici, teneri, surreali… – della condizione femminile nell’Italia del Duemila. Una condizione che ancora oggi presenta poche luci e molte, troppe ombre. Le une e le altre sono raccontate in questa antologia di storie vere, verosimili o inventate, ma sempre autentiche, nelle quali ogni donna non potrà non riconoscersi.
Fermare l’immagine della donna di oggi e farlo attraverso il racconto, cercando di cogliere la vita quotidiana che scorre.
L’idea è nata la sera del 13 febbraio 2011, il giorno fatidico delle piazze del “Se non ora quando?”, in un piccolo ristorante di Napoli. Lì, abbiamo cominciato a discuterne e a delineare la nostra squadra. Ci siamo date un nome, “le funambole”, come le donne che raccontiamo, sospese su un filo eppure determinate e coraggiose nell’affrontare una realtà che ingenera vertigini e paure: perché l’Italia, ancora oggi, non è un paese per donne.
Ne è nato un libro che racconta storie che i media non raccontano, ma che le donne vivono e in cui tutte potranno identificarsi. Un libro sulla straordinaria normalità come soggetto di storia e di vita, continuamente sottovalutata o, peggio, ignorata.

Proponiamo di seguito la prefazione a suo tempo firmata da Miriam Mafai.

Ho vissuto per quasi cinquant’anni in un paese nel quale i mariti potevano picchiare la moglie per “correggerla”, nel quale l’unica forma di contraccezione prevista era l’aborto clandestino o il coitus interruptus, nel quale le donne non potevano entrare in magistratura perché – aveva dichiarato alla Costituente un insigne giurista – per alcuni giorni del mese (indovinate quali) non sarebbero state in possesso dell’equilibrio necessario per giudicare. Non chiedetemi in che paese vivevo: quel paese era l’Italia.
Chi, come me, ha conosciuto l’Italia di allora, quella condizione di subalternità delle donne, la loro/nostra esclusione da importanti professioni e posti di responsabilità non può non guardare con soddisfazione e orgoglio alle donne e alle ragazze di oggi, al loro successo negli studi, alla loro sempre maggiore presenza in professioni una volta considerate “maschili”. Basti ricordare che sono donne, oggi, la maggioranza dei laureati in medicina, come la maggioranza dei promossi ai concorsi di magistrato.
Ognuna di noi tuttavia conosce bene anche le zone d’ombra, le difficoltà, la fatica con le quali le donne hanno pagato e ancora oggi pagano questo passaggio dalla subalternità alla piena emancipazione e realizzazione di sé. Sono storie che conosciamo, che abbiamo vissuto e che tuttora viviamo. Così come conosciamo e abbiamo imparato a riconoscere ed evitare gli ostacoli frapposti al nostro desiderio di autonomia.
Salvo uno, forse, il più recente: quello che usa contro di noi, contro il nostro desiderio di autonomia, l’immagine stessa e la esaltazione del nostro corpo. Può sembrare un paradosso, ma non è così. Il nostro corpo, il corpo delle donne, è da anni al centro del dibattito politico del nostro paese, almeno da quando il movimento femminista ha innalzato (sono passati ormai quasi quarant’anni) lo “scandaloso” cartello: “Il corpo è mio e lo gestisco io”. Da allora il corpo delle donne è elemento di divisione, di polemiche, di scontri, di accordi parlamentari. Basti ricordare la vicenda della legge 194, di quella sulla fecondazione assistita, di quella sul testamento biologico, che aveva come posta il corpo di Eluana Englaro, da diciassette anni deposto su un letto d’ospedale. Corpi di donna doloranti, offesi, per i quali abbiamo chiesto e chiediamo rispetto.
Ma da qualche tempo assistiamo a un nuovo, diverso uso del corpo della donna altrettanto offensivo della sua dignità. Un corpo che, spesso modificato dalla chirurgia estetica, viene utilizzato nella più volgare pubblicità, offerto a soddisfazione del desiderio e godimento maschile, e persino proposto alle stesse donne come sicuro strumento di successo, come “scorciatoia” per fare carriera.
La “donna-corpo” occupa ormai da troppo tempo la cronaca politica e mondana e rischia di lasciare in ombra tutte le altre, quelle, e sono la maggioranza, che ogni giorno lavorano (o cercano un lavoro), studiano (spesso con notevole successo), si occupano dei propri figli (con le difficoltà determinate dalla mancanza dei servizi sociali), stabiliscono reti di solidarietà e di affetti.
Per dare spazio a queste donne, alle loro storie, alla loro fatica e ai loro successi, abbiamo pensato a un libro scritto da quattordici donne, diversissime per età, formazione e provenienza geografica, nel quale ciascuna autrice raccontasse una storia al femminile. È il libro che vi proponiamo.
Non so se tutte le autrici di questi racconti hanno “una stanza per sé”, condizione che Virginia Woolf riteneva necessaria all’esercizio della scrittura. Forse sì, io me lo auguro, naturalmente. Ma mi piace anche immaginare che questi racconti, questi ritratti di donne siano stati scritti negli stessi luoghi nei quali si consuma la nostra vita quotidiana: forse sulla panchina di un giardino pubblico, dando un’occhiata al bambino che gioca; forse su un quaderno di appunti nella metropolitana che porta al luogo di lavoro; forse nella sala d’attesa di un medico al quale vogliamo confidare un imprevisto disagio del nostro corpo. Se non sono stati scritti lì, tuttavia, è da lì, dai luoghi della nostra vita quotidiana, che prendono ispirazione, perché le protagoniste di questi racconti sono donne vere, come quelle che incontriamo ogni giorno al mercato, sull’autobus, a scuola, in ufficio. Sono donne vere, che della vita conoscono gli ostacoli, le malattie, le delusioni, ma anche il valore dell’amicizia, della solidarietà, dell’autonomia. Sono donne – è forse questo il loro più importante tratto comune – che non si rassegnano e che riescono, anche nelle condizioni meno favorevoli, a costruire imprevedibili rapporti di solidarietà, a prendersi per mano per uscire insieme dalle difficoltà.
Ecco allora Margherita e Mina, che conoscono la vergogna e la paura di chi è costretto a vivere senza una casa; ecco l’incontro tra una ragazza italiana e la misteriosa e affascinante coinquilina cinese; ecco Lucia dalla dinamica attività onirica; ecco la storia di un’amicizia tra una restauratrice e una colf perseguitata da un marito violento; ecco la storia (vera) di una madre coraggio che denunciò gli abusi sessuali subiti dal suo bambino in una scuola di Torre Annunziata; ecco la storia della maestra che d’estate, mentre tutti sono in vacanza, si prende cura delle piante che crescono sulle terrazze dei vicini; ecco la storia di una donna anziana che, per non dimenticare il passato, scrive ogni giorno il suo diario, del suo incontro con una bambina che scrive ogni giorno il suo diario per inventarsi il futuro; ecco infine la storia delle madri dei comuni vesuviani che hanno impedito l’apertura della discarica di Terzigno per difendere il diritto alla salute dei propri figli. Storie diverse insomma, di cui sono sempre protagoniste le donne, la loro capacità di resistere alle difficoltà, di intrecciare rapporti di solidarietà e di amicizia, di immaginarsi un futuro. E di costruircelo insieme, come, in tante, stiamo facendo.

(f.g)

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