mercoledì 3 giugno 2015

UN GIORNO A META' - Racconto scritto a più mani

UN GIORNO A META' - Racconto scritto a più mani



Senza alcun dubbio febbraio è il mese più corto dell'anno. Ma marzo? Come la mettiamo con marzo? Marzo è un mese a metà. Metà fa freddo e metà fa caldo; mezzo sole e mezza pioggia; i giorni non sono né corti né lunghi come le notti. Ed è proprio in una grigia giornata di Marzo in un sobborgo alla periferia di Londra che il signor John Huck se la menava nel suo salotto di casa sfogliando un libro che non aveva intenzione di leggere e lanciando qualche occhiata alla home del suo profilo su facebook. Il signor Huck non aveva un lavoro come dire ordinario, anzi a dire il vero lui un lavoro non lo aveva affatto. Fuori dalla sua porta di casa c'era un cartello con scritto: "Mr. John Huck tuttofare". Mentre girava e rigirava una matita tra le dita lanciando qualche occhiata fuori dalla finestra, il suo dolce oziare fu interrotto dal suono del campanello di casa.


- Chi cavolo rompe a quest'ora? - pensò, indeciso se mollare poltrona e matita o far finta di niente. Passò velocemente in rassegna tutte le ipotesi di visite inaspettate: il vicino di pianerottolo, Mr. Herbalife, un vero rompiballe che, come al solito, gli avrebbe elencato gli ultimi prodigiosi prodotti dietetici da comprare a prezzi di saldo; oppure poteva essere Madame Troienne, quella vecchia baldracca del quinto piano che, con la scusa di "ha per caso una cipolla", da almeno due anni tentava un approccio vagamente amichevole/sessuale; o ancora, poteva aver suonato qualcuno del palazzo che aveva letto sulla bacheca del piano terra, la sua disponibilità ad eseguire piccoli lavoretti, dietro compenso. Quest'ultima ipotesi, lo indusse ad aprire. Senza ovviamente precipitarsi, lentamente, guardò dallo spioncino. Davanti alla porta, una stangona di almeno un metro e ottanta, biondissima, truccatissima, prosperosissima e molto, molto invitante.



Il Signor Huck si sistemò il cravattino, strinse la cintura di un buco, controllò l'odore delle sue ascelle e si decise ad aprire indossando il sorriso più smagliante che riuscisse a produrre.
- Buon giorno Mr. Huck! Mi chiamo Leda Stevenson e sono la sua nuova vicina di casa. Abito proprio al piano terra della casetta di fronte al palazzo. Ho deciso di fare un po' di conoscenza con il vicinato ed ho cucinato dei fantastici biscotti alle noci e al cioccolato per tutti.
Ma il signor Huck, completamente ammaliato dal profumo e dalla bocca sensuale del nuovo acquisto del quartiere non capì neanche una mezza parola, quando la sua attenzione fu catturata in un lampo da un rognoso sacco di pulci che scagazzava sul suo pianerottolo.



- A proposito questo è il mio adorabile cucciolo, il mio cagnolone Diablo, vedrà è dolcissimo, farete presto amicizia, a lui piacciono tantissimo i distinti signori.
Ed il signor Huck, dopo una panoramica che andava dalla scollatura alle gambe infinite ed abbronzate di Leda fino ad arrivare al petto irriverente si chiese quale infinitesimale e strana congiunzione astrale avesse portato tanto ben di Dio a turbare irreversibilmente il suo tranquillo, noioso e rarefatto tran-tran quotidiano.
Poi pensò, oggi deve essere il mio giorno fortunato! E appena riavutosi dallo shock invitò Leda ad entrare facendola accomodare in salotto. Diablo, senza farsi pregare, con un balzo raggiunse il cuscino di una poltrona e si accomodò senza mai perdere di vista il padrone di casa che, affascinato dalla ragazza, non fece neanche caso al fatto.
Leda, un pò imbarazzata, disse: perdonalo, scusami posso darti del tu, vero? A casa è abituato così, spero che non ti dispiaccia!
- Niente affatto - rispose John, il tuo cane è adorabile, ma ti prego sediamoci anche noi e poi ho tanta voglia di assaggiare i tuoi biscottini che dall'aspetto sembrano deliziosi. Dammi solo il tempo di andare a prendere una bottiglia di vino a suggello di quella che potrebbe diventare una bella amicizia.
E mentre proferiva queste parole non staccava gli occhi dalla scollatura che lasciava intravedere due seni perfetti, forse troppo perfetti. Dopo qualche minuto fece ritorno con una bottiglia di Malvasia che aveva comprato in un negozietto vicino casa molto fornito di prodotti tipici regionali, e due bicchieri di cristallo (gli unici rimasti di un servizio che aveva ereditato dalla sua mamma).


La ragazza nel frattempo si era seduta sul divano accavallando con sapienza le gambe che, in un gioco di luci ed ombre, lasciavano intravedere un paio di slip di colore scuro. Diablo doveva aver intuito ciò che passava nella mente del padrone di casa perché accolse il ritorno di John con un ringhio maligno che faceva risaltare una dentatura perfettamente affilata. Ma John era troppo preso dalla ragazza per accorgersene e, dopo avere poggiato il vassoio con i due bicchieri, si sedette accanto a Leda e le disse: ho proprio voglia di assaggiare i tuoi biscotti, poi possiamo parlare, vorrei proprio conoscerti; in fondo siamo vicini di casa.


Prese un biscotto e lo assaggiò facendolo sciogliere in bocca per assaporarne il gusto: una vera delizia! Fece appena in tempo ad inghiottirlo quando una strana sensazione lo colse, come un effetto allucinogeno che lo privò di qualsiasi freno inibitorio, infatti senza rendersene conto cominciò ad accarezzare Leda, scandagliando ogni parte del suo corpo. Con delicatezza fece scorrere una mano lungo le gambe della donna che, anziché ribellarsi, sembrava assecondare le mosse audaci di John che, arrivato all'inguine, si fece strada attraverso lo slip per arrivare al fiore delicato che si aspettava
di trovare. Trovò invece un fallo al culmine dell'eccitazione ma, stranamente, ebbe un sussulto di piacere e poi non ricordò più nulla. Quando riprese i sensi, si trovò nel suo letto ed era nudo. Cercò di ricordare quello che era successo ma inutilmente, solo una sensazione di benessere e di immenso piacere. Guardò l'orologio sul comodino per capire quanto tempo fosse trascorso, quando notò che vicino alla sveglia c'era una clessidra e accanto una busta.



Ancora con la testa un pò annebbiata, prese la busta, dentro c'era un bigliettino, lo lesse: “Caro John, grazie per la bellissima performance! So che sei bravo anche a riparare qualsiasi oggetto, almeno così dicono i vicini! La clessidra che ti ho lasciato apparteneva ad una mia trisavola. Credo che abbia qualche problema. Te ne parlerò quando ci rivedremo. A presto. Leda".
L'aria era umida, marzo è un mese traditore. Si accorse di essere poco vestito, solo la camicia e un golf. Un brivido gli percorse la schiena e gli lasciò una strana sensazione che nulla aveva a che vedere con il tempo. Fece una smorfia di compassione per se stesso, tanto si sentiva stupido in quel momento, così suggestionabile. Si guardò intorno e si accorse che anche le poche persone di passaggio erano sparite. Era solo e non aveva idea di quale zona del parco fosse quella in cui si trovava. Si sentiva a disagio e anche un pò stupido: basta ne ho abbastanza, è stata una giornata senza senso e ne ho le tasche piene, anche di questo parco, ma dove cazzo sono finito?

A fatica uscì dal parco e ritornò a casa deciso a fare chiarezza su tutta questa storia. Era già tardi ed andò a letto rimandando a domani ogni decisione. Passò una notte piena di incubi e all'alba era già sveglio. Si fece un bel caffè molto forte e cominciò a fare il punto della situazione analizzando freddamente i fatti: aveva avuto un rapporto con un transessuale, non era il primo e non sarebbe stato l'ultimo! Ma perché Leda l'aveva drogato? Già, Leda, il solo nome lo faceva fremere; non aveva mai conosciuto una donna così. Ma non era una donna, era un transessuale. E allora? Gli aveva fatto toccare le vette del piacere e, senza volerlo ammettere neanche a se stesso, si rese conto che si era innamorato di lei. Si, perché questa era la realtà. Si vestì, deciso ad andare a trovare la ragazza e confessarle tutto, le avrebbe detto che non poteva più vivere senza di lei. Sì, avrebbe fatto così e prima di uscire prese la clessidra che Leda gli aveva portato perché era bloccata. La sabbia non scorreva da una ampolla all'altra! Era intenzionato a restituirgliela quando, con immenso stupore,
notò che lo strumento si era rimesso a funzionare regolarmente. Incuriosito, cominciò a guardare attentamente l'oggetto, cosa che non aveva fatto in precedenza, lo toccò e si accorse che nella parte superiore della clessidra c'era incisa nel legno una scritta. Cercò di decifrarla ma i caratteri erano troppo piccoli. Fra i suoi strumenti di lavoro trovò una potente lente di ingrandimento e con stupore lesse queste parole: “Anno Domini MDCXII March XV Addi Jan Stevenson magus succendit vivit divina iustitia” che tradusse, dando fondo alle sue nozioni di latino studiate al liceo: “Anno del Signore 15 Marzo 1612 Jan Stevenson stregone arso vivo per Giustizia Divina”. Incuriosito e confidando sulle sue capacità di incallito conoscitore del web, cominciò una ricerca meticolosa e dopo qualche ora trovò quello che cercava, una notizia di cronaca dell'epoca, uno dei tanti casi di stregoneria. In sintesi: un certo Jan Stevensom che aveva un piccolo laboratorio di clessidre era stato denunciato di stregoneria da un avventore che l'aveva accusato di atti libidinosi, in quanto, travestito da donna e con la promessa di regalare una clessidra, si appartava nel retro della bottega per compiere atti innominabili contro natura. Tutto qui! Ma John non era il tipo che si accontentava e continuando le ricerche lesse che intorno al fatto erano nate delle leggende; sembra che Jan, prima di essere portato al rogo, consegnò ad un frate, l'unico che si era dimostrato caritatevole, una clessidra intarsiata, dicendogli: “Fratello in Cristo, io muoio dannato, ma ti supplico conserva questo strumento, è l'ultimo che ho costruito e ho bloccato lo scorrere del tempo. Quando il fuoco avrà fatto il suo dovere, ti prego
non far disperdere le mie ceneri, ma devi raccoglierle in un cofanetto e seppellirle insieme a questa clessidra.
Un giorno, quando un uomo proverà un sentimento di amore nei miei confronti, per me donna imprigionata in un corpo maschile, la mia anima finalmente sarà monda da tutti i peccati ed io potrò raggiungere il mio Signore Salvatore”. Non c'era scritto se il frate fosse riuscito a mantenere questa promessa.
La cronaca continuava con quest'ultimo dettaglio: “prima che il fuoco avviluppasse il corpo di Jan, il cane dello stregone, un mastino con gli occhi di un demonio, sbucato dal nulla raggiunse con un solo balzo la catasta ardente e bruciò insieme al padrone”.



John, dopo questa lettura rimase sconvolto e finalmente riuscì a gridare quello che da giorni tratteneva: “Leda, io ti amo disperatamente e non m'importa delle convenzioni degli uomini, aspettami...”. Corse come un forsennato fuori di casa, con la clessidra in mano e raggiunse correndo l'abitazione della ragazza. Bussò alla porta battendo i pugni contro la stessa con tutta la forza che aveva in corpo, fino a quando un signore si fermò e gli disse: “Giovanotto, sta perdendo il suo tempo. In questa casa, da circa 10 anni non abita più nessuno! Io ho le chiavi perché sono stato incaricato dall'agenzia per cercare d'affittarla. Ma è un'impresa ardua; ogni volta che ci riesco, gli inquilini
l'indomani scappano via, lasciando anche la caparra. Sembra che durante la notte si senta un latrato di un cane che ulula come se lo bruciassero vivo”. John a questo punto, con un sottile sorriso fra le labbra, chiese all'incaricato dell'agenzia: “Posso vedere l'appartamento?” Certo signore.
L'appartamento era vuoto e tirato a lucido. John lo visitò tutto e poi chiese: “Quanto chiedete per l'affitto?”
- Visti i precedenti, caro signore, l'affitto è una miseria, quasi gratis.
John non aspettò neanche la risposta e lasciando sbalordito l'addetto dell'agenzia, gli disse: lo prendo! E con un sorriso pensò fra sé: cara Leda, adesso che ti ho trovata, nessuno ci separerà finché vivrò! E dopo, chi lo sa...

E pensando al 15 marzo di tanti anni prima pensò: senza alcun dubbio febbraio è il mese più corto dell'anno. Ma marzo? Come la mettiamo con marzo? Marzo è un mese a metà. Metà fa freddo e metà fa caldo; mezzo sole e mezza pioggia; i giorni non sono né corti né lunghi come le notti....

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