martedì 1 luglio 2014

DACIA MARAINI e PIERA DEGLI ESPOSTI

Così inizia il dialogo tra DACIA MARAINI e PIERA DEGLI ESPOSTI
in Piera e gli assassini

Dacia Maraini- Siamo ancora qui, insieme, a parlare di te, Piera. Mi hai raccontato, come è successo l’altra volta, al tempo di Storia di Piera, le cronache segrete del tuo dolore e poi mi hai detto: «le vogliamo conservare?». E io che sono una raccoglitrice di storie, ho acconsentito. I tuoi racconti, ma soprattutto il modo in cui riferisci le tue vicende, con voce bambinesca e spaventata, ma nello stesso tempo piena di sapienza narrativa e senso del ritmo, è così sorprendente che davvero si ha voglia di metterli da parte questi racconti, per ragionarci sopra con calma. Tu mi hai parlato soprattutto di dolori, dolori recenti, gravosi, che hanno invaso la tua vita. Eppure, anche quando cammini nei cimiteri del tuo cuore, non riesci a essere lugubre, perché i tuoi piedi non conoscono il lutto, ma si fanno leggeri e danzanti anche se piove nero.
Piera Degli Esposti- Forse è un peccato entrare nella casa segreta della morte prima che la morte stessa sia venuta a prenderci.
D- Potrebbe essere una casa spaziosa e luminosa, nonostante sia abitata da fantasmi. La casa a cui bussa Pinocchio, dalla cui finestra si affaccia la fata dai capelli turchini, è la casa dei morti, ma non ha niente di tetro.
P- Ci sono queste stanze silenziose, no forse non sono poi così silenziose, si sentono delle voci che parlano, che sussurrano... la certezza della morte me la dà il fatto che muore mia sorella o che muore mia madre o mio padre, ma alla mia morte, ecco, mi riesce difficile credere, anche se la aspetto, ci credo ma fino a un certo punto...
D- "Quando noi siamo qui, la morte non c’è"... diceva Epicuro... "Quando la morte è qui, noi non ci siamo", insomma non ci è dato di incontrarla questa signora morte e forse è meglio così, ci limitiamo ad immaginarla.
P- Ho cercato di consolarmi con quella frase che spesso ricorre alla mia memoria... ma la cosa non mi rassicura. Invece sai cosa mi consola: il teatro. Sentirmi dire: «porti la saliera al signor B.» a Napoli, poi la sera dopo a Torino: «porti la saliera al signor B.», e ancora «porti la saliera al signor B.» a Roma due giorni dopo, mi dà allegria. Lo so che le saliere sono finte, che i tir viaggiano, che i giorni passano, però mi riempio dell’illusione che, con questa storia della saliera, ogni sera sia la stessa sera, una ripetizione che cristallizza il tempo...

(f.g)

Ph. Szymon Brodziak

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