lunedì 13 ottobre 2014

Specchio infranto di Forough Farrokhzad

Specchio infranto di Forough Farrokhzad

Nel tuo ricordo, ieri
e in memoria di quell’amore travolgente
ho vestito con una camicia verde la mia figura.

Ancora una volta mi sono fermata a fissare
il mio viso allo specchio
e ho sciolto pian piano le ciocche dei miei capelli.

Ho tratto il profumo dalla memoria, e l’ho sparso sul petto,
aggraziata mi sono truccata gli occhi d’azzurro
slacciate le mie trecce le ho posate sulle spalle
e accanto alle mie labbra, lentamente, ho disegnato un neo.

Oh malinconia, che lui non è qui adesso – mi sono detta -
ché stupore lo cogliesse per tutta questa grazia, e vanto.
Ché con un sorriso mi dicesse – quanto sei bella
ancora una volta – dopo aver visto la camicia verde sul mio corpo.

Adesso lui non è qui, per fissare nelle mie pupille nere
il riflesso delle guance sue.
A cosa serviranno stanotte i miei capelli sparsi al vento?
Dove sono le sue dita, perché trovino rifugio nella casa?

Lui non è qui,
ad annusare impazzito l’odore ammaliante del mio corpo.
O specchio, guardami morire dalla voglia,
lui non è qui, a stringermi con vigore tra le braccia.

Io mi guardavo allo specchio
e lui mi ascoltava:
come potrai tu disfare la nostra malinconia?
Si infranse, e urlò preso dalla pena:
oh donna, cosa possiamo fare, ci hai spezzato il cuore!

(Traduzione di Domenico Ingenito)

da “La strage dei fiori”, Orientexpress, 2008

(f.G)

__________________ Dal blog Il canto delle Sirene

Forough Farrokhzad

Ho scelto alcune delle poesie scritte nella sua breve vita da una donna libera e tumultuosa, l’iraniana Forough Farrokhzad, nata a Teheran nel 1935, sposa a 17 anni, subito madre e divorziata. Sono la testimonianza poetica di una donna appassionata che si trovava a vivere in un paese in contraddizione, dove se non era data la libertà politica, la libertà sessuale era perlomeno sopportata nella borghesia colta. L’Iran degli anni ‘50 e ‘60 con lo Scià e la “dolce vita” persiana, ben diverso dalla teocrazia instaurata successivamente da Khomeini: e infatti la rivoluzione islamica del 1979 mise al bando le opere della Farrokhzad. Forough viaggiò in Germania e Francia, soggiornò a lungo in Italia, girò film e documentari. Si legò a un altro poeta, Nader Naderpur, vivendo di provocazioni che la portarono a sfidare le autorità religiose e i letterati più conservatori: chiedeva con insistenza di poter godere del proprio corpo, contestava il ruolo della donna nel matrimonio tradizionale e nella società. Poi trovò l’amore della sua vita, lo scrittore e regista Ebrahim Golestan: una passione tempestosa, un prendersi e lasciarsi, litigi e rappacificazioni. Aveva litigato furiosamente con lui il 14 febbraio 1967: stava tornando da una visita alla madre e si recava al cinema per assistere a un film italiano quando per evitare uno scuolabus si schiantò con la sua jeep: l’incidente pose fine alla sua vita a soli 32 anni.

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