IL LIBRO DELL'INQUIETUDINE DI BERNARDO SOARES
di Fernando Pessoa
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Oggi, in uno di quei vaneggiamenti senza motivo e senza dignità che costituiscono in gran parte la sostanza spirituale della mia vita, mi sono immaginato libero per sempre da Rua dos Douradores, dal signor Vasques, mio principale , dal contabile Moreira, da tutti gli impiegati, dal garzone, dal fattorino e dal gatto. Ho sentito in sogno la mia liberazione come se i Mari del Sud mi avessero offerto delle isole meravigliose da scoprire. Sarebbe allora la quiete, l'arte riuscita , il compimento intellettuale del mio essere.
Ma all'improvviso, nel bel mezzo della fantasticheria che stavo inseguendo nel caffè, durante la mia modesta vacanza meridiana, un sentimento di scontento è sceso sul mio sogno. Ho sentito che ne avrei provato rincrescimento. Sì, lo dico con una certa solennità: ne avrei provato rammarico . Il signor Vasques, il contabile Moreira, il cassiere Borges, tutti questi bravi ragazzi , il giovanotto allegro che va a spedire la posta, il fattorino che si occupa di tutte le commissioni , il gatto affettuoso: tutto questo è diventato parte della mia vita; non potrei lasciare tutto questo senza piangere , senza capire che, nonostante mi sembrasse insopportabile, era una parte di me che restava con tutti loro, che il separarmi da loro era una dimidiazione e che somigliava alla morte .
Inoltre, se domani mi allontanassi da tutti loro e mi spogliassi di questi panni di Rua dos Douradors, a quale altra cosa mi avvicinerei (perché a un'altra cosa dovrei pure avvicinarmi); quali altri panni indosserei (perché altri dovrei pure indossare)?
Per tutti noi c'è un signor Vasques, per alcuni visibile, per altri invisibile. Per me si chiama veramente Vasques ed è un uomo sano, garbato, talvolta brusco ma senza doppiezza, egoista ma in fondo giusto, con una sua giustizia che manca a molti grandi geni e a molte meraviglie della civiltà umana di destra e di sinistra. Per molti c'è la vanità, l'ansia di maggior ricchezza, la gloria, l'immortalità ... Io preferisco il signor Vasques in carne e ossa mio padrone , che nei momenti di difficoltà è più disponibile di tutti i padroni astratti del mondo.
L'altro giorno un amico, socio di una ditta florida che fa affari con lo Stato, ha notato che il mio stipendio è basso.
"Lei si fa sfruttare, Borges, (*) mi ha detto. La sua osservazione mi ha fatto pensare che mi lascio effettivamente sfruttare; ma siccome nella vita tutti dobbiamo essere sfruttati, mi domando se non sarà meglio essere sfruttato da un Vasques dei tessuti piuttosto che dalla vanità , dalla gloria, dal dispetto, dall'invidia o dall'impossibile.
Ci sono uomini che sono sfruttati perfino da Dio: sono profeti e santi, nella vacuità di questo mondo.
E rientro, come altri rientrano nella loro famiglia, nella casa altrui, nell'ampio ufficio di Rua dos Douradores. Mi avvicino alla mia scrivania come a un baluardo che mi difende dalla vita. Sento tenerezza, tenerezza fino alle lacrime, per i miei libri di altri nei quali faccio i conti, per il calamaio vecchio, per le spalle curve di Sergio che poco più in là prepara bollette d'accompagnamento. Sento affetto per tutto questo, forse perché non ho più niente da amare: o forse anche perché niente merita l'amore di un'anima ; e se dobbiamo dare amore per sentimentalismo, è indifferente se lo riserviamo alle piccole sembianze del calamaio o alla grande indifferenza delle stelle.
(*) Leggasi Soares. Si tratta di una svista di Pessoa. Come abbiamo letto avanti, Borges è il nome del cassiere. [N.d .C.]
(f.g)
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