INVICTUS di William Ernest Henley
Dal profondo della notte che mi avvolge,
Nera come l'abisso da un estremo all'altro,
Ringrazio qualunque divinità esista
Per la mia anima invincibile.
Nella feroce morsa delle circostanze
Non ho arretrato, né gridato.
Sotto i colpi d'ascia della sorte
Il mio capo è insanguinato, ma indomito.
Oltre questo luogo d'ira e lacrime
Incombe il solo Orrore delle ombre
Eppure la minaccia degli anni
Mi trova e mi troverà senza paura.
Non importa quanto stretta sia la porta,
Quanto carica di punizioni la sentenza,
Io sono il padrone del mio destino:
Io sono il capitano della mia anima.
________ (f.g)
Origine e storia della poesia
Il titolo proviene dal latino e significa "non vinto", ossia "mai sconfitto". Fu composta nel 1875 e pubblicata per la prima volta nel 1888 nel Book of Verses ("Libro di Versi") di Henley, dov'era la quarta di una serie di poesie intitolate Life and Death (Echoes) ("Vita e Morte (Echi)"). In origine non recava un titolo: le prime stampe contenevano solo la dedica A R. T. H. B., un riferimento a Robert Thomas Hamilton Bruce (1846–1899), un affermato mercante di farina e fornaio scozzese che era anche un mecenate letterario. Il titolo Invictus fu aggiunto dallo scrittore e critico letterario Arthur Quiller-Couch quando incluse la poesia nella sua fondamentale antologia della poesia inglese, Oxford Book of English Verse (1900).
All'età di 12 anni, Henley rimase vittima del morbo di Pott, una grave forma di tubercolosi ossea. Nonostante ciò, riuscì a continuare i suoi studi e a tentare una carriera giornalistica a Londra. Il suo lavoro, però, fu interrotto continuamente dalla grave patologia, che all'età di 25 anni lo costrinse all'amputazione di una gamba per sopravvivere. Henley non si scoraggiò e continuò a vivere per circa 30 anni con una protesi artificiale, fino all'età di 53 anni. Henley era amico di Robert Louis Stevenson, che si ispirò a lui per il personaggio di Long John Silver ne L'isola del tesoro.
La poesia Invictus fu scritta proprio sul letto di un ospedale.
La poesia era usata da Nelson Mandela per alleviare gli anni della sua prigionia durante l'apartheid. Per questo è anche citata nel film Invictus - L'invincibile, del 2009, diretto da Clint Eastwood con Morgan Freeman e Matt Damon, in cui doppiaggio e titolatura in italiano hanno preferito la traduzione libera di invictus con invincibile, anziché con il significato più corretto di invitto, imbattuto, indomito.
(da Wikipedia)
«Dobbiamo andare e non fermarci finché non siamo arrivati» «Dove andiamo?» «Non lo so, ma dobbiamo andare» Jack Kerouac
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