domenica 7 giugno 2015

Due minuti di ritardo (Una storia surreale) di Franco Guglielmino

Due minuti di ritardo (Una storia surreale) di Franco Guglielmino

Ci sono di quelle giornate che iniziano male e finiscono peggio, quella di oggi è stata una di queste!
Mi alzo più presto del solito dal momento che ho un appuntamento con la mia psichiatra, la vado a trovare periodicamente perché mi piace farla sentire utile: con il mestiere che fa, poverina,  ha bisogno ogni tanto di qualcuno che le dia una mano!


Faccio la mia solita colazione a base di semi di lino, semi di sesamo e di zucca, il tutto tritato insieme a semi di cereali crudi e poi frullato con mezzo limone, una piccola banana , un cucchiaio di latte di riso e, siccome mi voglio bene, aggiungo del tofu (mi capite perché ogni tanto mi capita di essere avvilito).



Poi do'  una occhiata al computer di mia moglie per le previsioni del tempo (uscire con l'impermeabile o in calzoncini?)... ma scopro di essere uno zombi (cosi mi ha definito nella mia bacheca di Facebook): a questo punto vorrei tornare a letto, ma ho quell'appuntamento!
Guardo l'orologio e scopro di essere maledettamente in ritardo; mi lavo i denti (mister parki ci mette del suo e mi ostacola più del solito) e dopo essermi sciacquato la faccia come un gatto, mi vesto e di corsa ( si fa per dire) raggiungo l'ospedale. Ho l'appuntamento alle 10,30 e alle 10,32 sono già nella sala d'aspetto della mia amata dottoressa. Mi sento tremendamente in colpa per essere arrivato in ritardo! I sensi di colpa mi hanno accompagnato da sempre, o meglio dalla più tenera età, e negli anni sono aumentati in misura esponenziale: mi sento come il personaggio di quella storia del mandarino cinese, infatti ogni volta che mi capita di premere un campanello sono sicuro che in Cina qualcuno muore!


Ed è per questo motivo che nella mia borsa da passeggio di cotone ecologico porto sempre un cilicio e una abbondante busta con della cenere! non si può mai sapere...

Riprendo la cronaca: attendo con pazienza nella sala d'attesa e a mezzogiorno comincio ad avere qualche dubbio. Ho un ritardo di 2 minuti e la mia dottoressa non mi ha aspettato! si, mi dico, deve essere andata proprio così. Ma poi penso "forse stara visitando qualche altro paziente" e decido di bussare alla porta dello studio, nessuna risposta! cerco di aprire la porta: è chiusa a chiave!



E' colpa mia mi dico, sono arrivato in ritardo! Allora sento il bisogno di scusarmi e così decido di chiamare la segreteria del progetto "Lampadina", si, è questo è il nome che la regione lombardia ha dato a questa iniziativa di indagine cognitiva intorno e dentro al nostro cervello. Dopo un po' che il telefono squilla, una voce registrata mi informa che la segreteria è aperta il martedì se cade di giorno dispari, il mercoledì se di giorno pari e gli altri giorni, escluso il lunedì, fino al venerdì, se la segretaria ha voglia di rispondere!



A questo punto una persona normale se ne sarebbe tornata a casa, ma io no! Giro tutto l'ospedale per trovare il padiglione psichiatrico (il progetto "Lampadina" ha sede presso un distaccamento) nella speranza di trovare qualcuno della segreteria per giustificarmi del mio ritardo e se è il caso di fustigarmi con il mio cilicio!
Finalmente raggiungo il padiglione del psichiatrico, una struttura tubolare, moderna ma un po paranoica (d'altronde!), mi precipito a piano terreno e naturalmente la segreteria del laboratorio "Lampadina" è chiusa, salgo le scale di corsa (gli ascensori sono tutti chiusi a chiave) e finalmente, all'ultimo piano trovo due infermiere, e siccome sono un insicuro cronico, chiedo: "questo è il pianeta terra e oggi è il 28.11.2011?" Una delle due infermiere mi guarda e sorride: "Si, aveva bisogno?" Ed io comincio a raccontare la storia dell'appuntamento, dei due minuti di ritardo, della segreteria trovata chiusa e in preda ad una forma di parossismo sempre più crescente, per paura di non essere creduto, cerco il biglietto con la prenotazione ma non lo trovo (la mia borsa ecologica è come quella delle donne,nasconde tutto) e allora rovescio su una panca della saletta tutto il contenuto della borsa: un cilicio, una raccolta di immaginette di santi, una raccolta di figurine di donnine nude, un libretto di aforismi zen, un sacchetto di cenere che si rovescia sul pavimento e il Libro Tibetano dei Morti!



Della prenotazione nessuna traccia. Noto un sorrisetto nello sguardo delle due infermiere, poi una si allontana e dopo un po arrivano due energumeni vestiti di bianco che con perizia professionale mi sollevano e mi portano in una sala con al centro un lettino. Io non capisco, cerco di spiegare loro l'accaduto e loro con modi energici mi dicono "va tutto bene, sei in buone mani" e nel frattempo, visto il mio stato di agitazione crescente, mi legano al lettino con delle robuste cinghie! e poi, vanno via.


Passa qualche ora e finalmente entra un altro infermiere: ma questo lo conosco è Robby, un tutor del progetto "Lampadina" che mi dice "ciao Franco, ti trovo bene! ma che ci fai qui? non sei pericoloso!" Io gli spiego i fatti dall'inizio e allora mi libera dai legacci e poi si offre di aiutarmi. Io gli dico soltanto che vorrei scusarmi con la dottoressa per il mio ritardo e Robby mi tranquillizza: "Calmati Franco, adesso cerco io la dottoressa e glielo spiego" Prende il telefonino, fa diversi numeri, parla con qualcuno e poi mi dice: "Oggi la dottoressa si è sentita male e non è venuta al lavoro, ma siccome la segreteria  è chiusa di lunedì, non ha potuto annullare gli appuntamenti. Se vuoi puoi tornare a casa o se preferisci restare qui, c'è ancora qualche stanza libera!" Robby è un ragazzo affettuoso, lo ringrazio: "No grazie, preferisco tornare a casa. Sarà per un'altra volta."



Ritorno a casa alle tre del pomeriggio e mia moglie incazzata mi dice: "Potevi anche avvisarmi che non saresti venuto a pranzo!"
Io la guardo e balbetto:
" Ma ero in ritardo soltanto di due minuti!"

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