da LE ALI SPEZZATE di Gibran Kahlil Gibran
[...]Alla fine di aprile, frequentavo la casa di Fares Karamè per incontrare sua figlia e per sedere davanti a lei in giardino, guardando le sue bellezze, ammirando le sue doti, ascoltando il silenzio della sua tristezza e sentendo la presenza di mani invisibili che mi spingevano verso di lei.
Ogni visita mi presentava un nuovo aspetto della sua bellezza e uno dei segreti divini della sua anima, finché la giovane divenne dinanzi ai miei occhi il libro del quale potevo leggere le righe, memorizzare le parole, ascoltare la musica senza stancarmi mai.
La donna, a cui le dee donano la bellezza dell’anima accoppiata alla magia del corpo, è una verità nascosta che capiamo con l’amore e tocchiamo con la purezza; ma quando cerchiamo di spiegarla con le parole, essa sparisce dai nostri occhi dietro le nebbie dell’indecisione e della perplessità.
Salmè Karamè era bella d’anima e di corpo: come faccio a descriverla a chi non la conosce? Può un uomo seduto all’ombra delle ali della morte cinguettare come un canarino, sussurrare come un fiore o gorgogliare come un fiume? Può un prigioniero incatenato seguire i venti dell’alba? Non è il silenzio più arduo della parola?[...]
(f.g)
(foto Tasha Manaenkova)
«Dobbiamo andare e non fermarci finché non siamo arrivati» «Dove andiamo?» «Non lo so, ma dobbiamo andare» Jack Kerouac
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