dal Diario I di Anaïs Nin
[...]Le due facce di Henry (*nota Miller) venivano fuori simultaneamente: accettazione e passività di fronte alla vita, ribellione e rabbia per tutto quello che gli succedeva. Sopportava, poi doveva vendicarsi, probabilmente nella sua opera. La reazione ritardata dello scrittore.
June lo irrita. Se ne allontana per immergersi nel mondo poco complesso che gli piace. “Mi piacciono le prostitute. Non ci sono pretese lì. Si lavano di fronte a te.”
Io amo la potenza della sua scrittura, la forza bruta, distruttiva, impavida, catartica. Mi turba questa strana mistura di adorazione per la vita, entusiasmo, interesse appassionato per tutto, energia, esuberanza, riso e improvvise tempeste distruttive. Esplode tutto: ipocrisia, paura, meschinità, falsità. È un’affermazione dell’istinto. Usa la prima persona, nomi veri, ripudia ordine e forma e la narrativa stessa. Scrive nel modo sconnesso in cui sentiamo, su vari livelli allo stesso tempo. [...]
(f.g)
«Dobbiamo andare e non fermarci finché non siamo arrivati» «Dove andiamo?» «Non lo so, ma dobbiamo andare» Jack Kerouac
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