venerdì 12 giugno 2015

Elogio della fuga di Henri Laborit

Elogio della fuga di Henri Laborit

“Nel nostro mondo – scrive Laborit - molto spesso non si incontrano uomini, ma agenti di produzione, professionisti che non vedono più in noi l’Uomo, ma il concorrente, e appena il nostro spazio gratificante interagisce con il loro cercano di prendere il sopravvento, di sottometterci. Allora se non siamo disposti a trasformarci in hippies o in drogati dobbiamo fuggire, rifiutare, se possibile, la lotta, perché quegli avversari non ci affronteranno mai da soli ma si appoggeranno sempre ad un gruppo, ad un’istituzione.
È finita l’epoca della cavalleria, quando si gareggiava a uno a uno in un campo da torneo. Oggi sono intere consorterie che attaccano l’uomo solo, e se per disgrazia quest’ultimo accetta il confronto sono sicure di vincere, perché sono l’espressione del conformismo, dei pregiudizi, delle leggi socioculturali del momento. Se ci avventuriamo da soli in una via non incontriamo mai un altro uomo solo ma sempre una compagnia di trasporti collettivi. Però che gioia quando capita di imbattersi in un uomo che accetta di togliersi l’uniforme e i gradi! L’umanità dovrebbe andare in giro nuda come fa l’ammiraglio quando va dal medico, perché dovremmo tutti essere medici l’uno dell’altro. Pochi però sanno di essere malati e pochi vogliono farsi curare.”

(f.g)

Art.: Gustave Doré

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