mercoledì 27 novembre 2013

AMELIE NOTHOMB

AMELIE NOTHOMB

 












Dicono che fuggire non sia un gesto molto nobile.
Peccato, è così piacevole.
La fuga dà la più grande sensazione di libertà che si possa sperimentare. Ci si sente più liberi a fuggire che a non avere niente da cui fuggire.
Il fuggiasco ha i muscoli delle gambe in trance, la pelle fremente, le narici palpitanti, gli occhi spalancati.
Il concetto di libertà è un argomento trito, e appena lo si tocca già sbadiglio.
L’esperienza fisica della libertà è tutt’altra cosa. Bisognerebbe sempre avere qualcosa da cui fuggire per coltivare in se quella possibilità meravigliosa. D’altronde, c’è sempre qualcosa da cui fuggire, non fosse altro che da se stessi.
La buona notizia è che si può scappare da sé stessi. Quello cui si sfugge di sé è la piccola prigione che la sedentarietà installa ovunque.
Fai fagotto e te ne vai: l’io è talmente stupefatto che dimentica di fare la parte del carceriere. Ci si può seminare come si seminerebbero degli inseguitori

(f.g)

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