Bianca era la sua pelle
Bianca era la sua pelle come le perle alla luce della luna
e, nelle notti d'estate, al balcone della nostra terrazza,
ci godevamo il fresco della notte ed ella per me inventava
i nomi più belli: era un gioco, un gioco soltanto e le nostre
risate trattenute erano anche i nostri segreti mentre le...
parole, anche quelle non dette, trovavano spazio nella
memoria dove adesso attingo quando il ricordo di lei
diventa atroce nostalgia per ciò che ho perso, per sempre!
Quando mi sorridesti
compresi dal tuo sguardo
che mi stavi spogliando...
mentre gli ospiti in sala
erano diventati soltanto
ombre invisibili di un'altra
storia che si viveva altrove.
E seguendo la scia del tuo
profumo di muschio appena
ambrato e d'erba bagnata
dalla rugiada dormiente
ci trovammo sedute accanto
su quel divano appartato
lontane da occhi indiscreti
e già la mia mano frugava
fra le tue gambe accoglienti
e le lingue si intrecciavano
come giovani rami di glicine
e sentivo la tua mano cercare
le punte del mio seno e
ti lasciai fare e mi lasciasti fare.
Poi sentimmo dei passi e le
voci di chi ci cercava e senza
far nulla trapelare di ciò
che dentro ci ardeva:
"Siamo qui" quasi all'unisono
"stavamo spettegolando un po'".
E ci lasciammo. "Allora d'accordo
domani a quel bar del centro alle
dodici in punto"
"Si, alle dodici, in punto"
Quando eravamo insieme
Quando eravamo insieme
anima mia
a sopportare gli sguardi di...
chi non riusciva a capire
... perché la nostre mani si
sfioravano anche nei gesti
più semplici
una tazzina
di caffè in quel bar del centro
un ciuffo di capelli che
ti ombrava la fronte che
avrei voluto sempre sgombra
per coglierne i pensieri
e niente ci turbava
quando eravamo insieme
affrontavamo tutto in quei
momenti e nessuno esisteva
oltre a noi due e i sorrisi
appena accennati quante
parole si scambiavano!
e sapevamo entrambe
che c'è sempre un angolo
nascosto, anche alla luce
del giorno, per chi come noi
viveva fuori dal tempo
quando eravamo insieme
Il maggiociondolo
oggi col cuore in gola
ho trovato il coraggio
e ti ho detto "ti amo"
o forse l'ho solo pensato...
tu non c'eri amore mio
neanche la speranza mi è rimasta
ci sono giorni che arrivano
e come i rami del maggiociondolo
si lasciano dietro quel profumo
misto di terra bagnata
di altri giorni e di momenti
già vissuti come in un sogno
che credevi di non potere
più coltivare
pensando d'averne
perso anche il ricordo
ma è bastato il profumo di un
maggio lontano per risvegliare
in me la sensazione
delle tue mani sul mio corpo
Il nostro cielo
E quando le parole
furono dette
pesarono come sassi
" forse due mesi, al massimo tre "
lo guardai smarrita ma
dietro quegli occhiali
da professore affermato
non vidi luce ma solo
il vuoto di chi è abituato
a dare notizie di morte.
Tornai da lei
soffocando il dolore
" presto ti porterò a casa
e riprenderemo la nostra vita
quella di sempre e insieme
lasceremo alle spalle
questi giorni e il ricordo"
ma per quanta attenzione
avessi riposto nel cancellare
dai miei occhi ogni traccia
di un pianto a forza represso
fu una leggera ombra di
"Non sono Violetta"
mi disse " e tu come
Alfredo sei poco credibile"
e poi aggiunse penetrando
come un dardo il mio sguardo
" quanto mi resta? "
ed io con le lacrime
non più prigioniere
" se va bene tre mesi"
e la sua voce ferma e decisa
" se va male tre mesi
ed ora portami a casa!
ho voglia di guardare
il nostro cielo, mi manca..."
Un fiore di Murano
Quanto tempo è trascorso?
I giorni possono essere eterni
ma disciogliersi in un attimo
se basta un ricordo soltanto
un gesto d'amore che sai
d'avere perduto per sempre.
"mi aiuti?" "ti aiuto ....
e quando non ci sarò più?"
"non toglierò il reggiseno
o ne faro a meno per sempre!"
Adesso il pizzo di seta
è ingiallito senza il tocco
delle tue mani e il mio seno
sembra avvizzito da quando
le tue labbra di miele
non lo nutrono più come un tempo.
E quando ardo di desiderio
non sono più i tuoi baci
sapienti a spegnere il fuoco
del mio ventre senza pudore
e non sono i miei baci inesperti
a farti sorridere mentre scioglievi
parole d'amore sussurrandomi:
"ma quando imparerai che non sono
un fragile fiore di Murano."
E quando l'appresi fu tardi
ché poco tempo trascorse e
quel fiore, il mio bene più caro,
ritornò ad essere sabbia dorata.
La porta è sempre chiusa
Ti ricordi, anima mia,
gli ultimi giorni a casa
dopo il verdetto, nell'attesa
che tutto si compisse?
Io non volevo
ma tu mi guardasti
con i tuoi occhi che ancora
esprimevano quella luce che solo ti restava:
"devi prometterlo,
non chiedo giuramenti
ma una promessa,
quando non ci sarò più
non dovrai chiudere la porta
a questa vita"
Ed io, presa in una vertigine
di lucida follia, ti risposi:
"te lo prometto, ne abbiamo già
parlato".
Di tempo ne è passato
e qualche sera fa
la incontrai; mi colpirono i suoi
occhi che mi illusero
che potessero somigliare ai tuoi.
Quattro parole in croce
e poi ci ritrovammo a casa.
Ci sbrigammo in fretta
e quando dopo un orgasmo
che di vivo aveva solo
il suo gracidar da oca
mi disse:
"ci rivedremo ancora?.
Io la guardai:
"quando esci, chiudi la porta,
per favore!"
Non riesco a sciogliere
i nodi ancora intatti
dei giorni vissuti insieme
e a volte mi chiedo:
come si sarebbero dipanati
quei fili intrecciati
nelle notti di luna piena
che, filtrando attraverso
le persiane socchiuse,
disegnavano sui nostri corpi
arabeschi di memorie?
Le mie mani cercavano
di seguirne il tracciato
lungo la linea delle spalle
e le forme vellutate del
tuo seno di giovane amante
e ti lasciavi accarezzare
e mi lasciavo accarezzare.
Io lo facevo per il piacere
che ciò mi procurava
ma tu, non solo per questo,
l'ho compreso solo adesso,
tu volevi conservare
anche con quei gesti
il ricordo del mio corpo
accanto al tuo disteso:
le tue mani, infatti,
si soffermavano a sfiorare
anche le più piccole pieghe:
le tue mani erano la tua memoria.
Cosa sarebbe accaduto
se non te ne fossi andata
inseguendo la notte che
lentamente si tramutava
in una livida alba?
Non più la tua alba.
Ero immatura per la mia età,
poi dovetti crescere in fretta
e sai quanto mi costò.
Ma mi chiedo sempre,
e te lo chiedo,
come sarebbe stata la
nostra vita?
...ed è solo un tocco leggero
di due mani delicate che mi
rispondono ma non riesco
a tradurle in parole, non ancora.
Non riesco
Ho cercato di dimenticare
il profumo ambrato
della sua pelle.
Mi dicevo: "se voglio
continuare a pensare
che esista un porto dove
gli amanti perduti
possano lacerare la nebbia
che impedisce loro
di andare oltre,
non posso tenerla legata..."
A parole son brava ma poi
riempio il vuoto che mi ha
lasciato con l'immagine di lei
che diventa forma viva
e mentre l'accarezzo
mi ritrovo a stringere
il mio seno e le mie mani
esplorano il suo corpo
che freme al tocco leggero
e sapiente di chi conosceva
tutto di lei
...e quando esplode
(con un grido soffocato)
l'orgasmo mi lacera
anziché darmi pace
in questo letto troppo grande
solo per me...
La prima volta
E da quando non ho
più lacrime da versare
anche i ricordi cominciano
a sbiadire ma uno
lo conservo intatto...
quando ti aprii la porta
per la prima volta
... e fu la prima volta
- mi avevi portato
dei fiori raccolti
in un campo e sussurrato
poche parole:
"oltre al mio amore
non ho altro d'offrirti
ma ti prometto che
durerà per sempre"
- mi riempisti la vita
per diverse stagioni.
Da quando non ci sei
non ho più preso in mano
(ci ho provato... credimi)
i tuoi libri ma ieri
nel togliere la polvere
- ogni tanto devo pur farlo...
mi è capitato in mano il tuo
diario - si proprio quello -
che tu lasciavi in giro
perché lo leggessi
- ma non l'ho mai fatto,
per paura o... non so -
Ho riconosciuto la tua
scrittura minuscola come
le tue mani d'ambra
e stavo per rinchiuderlo
senza leggerlo ancora
ma da una pagina
spuntò l'angolo di
un petalo ingiallito
come un segnalibro
lasciato apposta in quel punto
solo poche parole
e stavolta le ho lette:
"ricordi?
"oltre al mio amore
non ho altro d'offrirti
ma ti prometto che
durerà per sempre"
"perdonami se non sono
riuscita
a mantenere la promessa"
La numero 13
Sono tornata
in quella pensione
"vista mare",
che il mare l'aveva
visto in cartolina,
dove ci incontrammo
la prima volta.
Adesso il glicine è sfiorito
"ha il colore dei suoi occhi"
e tu ridesti
"mi dai del lei?
mi fai sentire vecchia"
e i nodosi rami
hanno stretto l'inferriata
penetrandola senza
alcun pudore.
Ma allora, come da bambina,
raccolsi alcuni fiori
e ne succhiai il pistillo
avidamente, pensavo a te
anch'io senza pudore,
e te ne accorgesti.
"La mia stanza è la 13,
a me porta fortuna"
Bussai la stessa notte
"entra la porta è aperta
t'aspettavo"
e il nudo del tuo corpo,
disteso sul letto
avvolto dalle ombre,
profumava d'attesa
e senza farmi pregare
riempii quell'attesa.
Dalla strada le note
di un vecchio ritornello:
"furono baci furono sorrisi
poi furono soltanto i fiordalisi
che videro con gli occhi delle stelle
fremere al vento e ai baci la tua pelle"
Stanotte t'ho sognata...
Stanotte t'ho sognata, amore mio,
ti ho cercata accanto, nel nostro
letto grande come una piazza
e poi mi sono ricordata
che ho dovuto cambiar casa
e adesso ho un letto piccolo,
da sola non potevo pagare
più l'affitto.
E' solo un monovano
con angolo cottura,
sprecato, non ho più
cucinato da quando sono sola.
"E allora che facciamo?
Sai cosa ho pensato?
Ti porterò con me nel giardino
dove mi trovo adesso."
Si sa come sono i sogni...
adesso eravamo in una foresta
di glicini, sedute
su una panchina colorata
da tutti i nostri sogni.
Non eravamo sole ma
tu mi baciasti con passione.
"Ma ci guardano" dissi
"chissà che penseranno?
Siamo sempre due donne..."
E Bea con dolcezza mi rispose:
"Non temere adorata
nessuno ci vede come siamo:
siamo solo un aura dai colori
delicati che l'amore dipinge
e fra questi non esiste un colore
che distingua le differenze..."
Mi svegliai e per la prima volta
ti sentii a me vicina come non mai!
Ho smesso di contare...
Ho smesso di contare i giorni,
sarei diventata pazza, e intanto
anche gli anni stanno scorrendo
sulla mia pelle e lasciano ferite
che scavo con le unghie affinché
il sangue continui a mantenersi
di un bel rosso vivo in modo
che possa illudermi che di vivo
possegga ancora qualche cosa:
"sono morta con te, anima mia".
Eppure continuo a trascinarmi
tra la gente, avvolta come Lazzaro
in bianche fasce di lino che nascondo
sotto un vestito da quattro soldi,
reduce da una svendita di fine
stagione, che ben si adatta al mio
corpo e al mio stato di vedova:
? che strano, non esiste un termine
che definisca una lesbica che
ha perso la propria compagna.
Nessun vocabolario lo riporta
e nessun codice morale o legale
lo contempla: non esistiamo!
L'ultima pagina
E da quando non ho
più lacrime da versare
anche i ricordi cominciano
a sbiadire ma uno
lo conservo intatto...
quando ti aprii la porta
per la prima volta
... e fu la prima volta
- mi avevi portato
dei fiori raccolti
in un campo e sussurrato
poche parole:
"oltre al mio amore
non ho altro d'offrirti
ma ti prometto che
durerà per sempre"
- mi riempisti la vita
per diverse stagioni.
Da quando non ci sei
non ho più preso in mano
(ci ho provato... credimi)
i tuoi libri ma ieri
nel togliere la polvere
- ogni tanto devo pur farlo...
mi è capitato in mano il tuo
diario - si proprio quello -
che tu lasciavi in giro
perché lo leggessi
- ma non l'ho mai fatto,
per paura o... non so -
Ho riconosciuto la tua
scrittura minuscola come
le tue mani d'ambra
e stavo per rinchiuderlo
senza leggerlo ancora
ma da una pagina
spuntò l'angolo di
un petalo ingiallito
come un segnalibro
lasciato apposta in quel punto
solo poche parole
e stavolta le ho lette:
"ricordi?
"oltre al mio amore
non ho altro d'offrirti
ma ti prometto che
durerà per sempre"
"perdonami se non sono
riuscita
a mantenere la promessa"
Nell'occhio del ciclone
Insieme andavamo
per sentieri inesplorati
da chi non ha mai sentito
sulla sua pelle la mano
delicata di chi scopre
sempre più attenta
ogni angolo che vibra
come le corde di uno
strumento sapiente.
Ed era la melodia di note
sempre nuove a spingerci
oltre quei limiti che
esistono soltanto nelle
paure di divieti che
avrebbero potuto allontanarci.
Ma non fu così,
imparammo a condividere
ogni piacere e speranza
anche quella di partorire
insieme il nostro amore
nonostante tutto.
La nostra nave viaggiava
a vele spiegate sfidando
l'ebbrezza dei cicloni,
colori vividi e taglienti:
eravamo insieme ad affrontarli.
Poi quando un giorno
ci sentimmo pronte
a dare un'anima a quella
nuova vita che pulsava,
l'amore divenne quiete
e il piacere un canto,
ci sembrò tutto possibile
senza sapere che eravamo
nell'occhio del ciclone
e l'onda restituì alla riva
solo il mio corpo
che sembrava vivo
(spietato inganno)
ma aveva lasciato in te ogni respiro.
A Gea
Ricordi, mia piccola Gea
quei lunghi giorni d'estate
passati in quella pensione
in riviera, nostro rifugio terreno
che l'ombra velata ci concesse?
All'alba, lontane da occhi
indiscreti, il mare era nostro
soltanto e chi, solitario,
ci incontrava era troppo assorto
nei suoi pensieri per accorgersi
di noi e del nostro amore:
neanche uno sguardo malizioso,
a volte un sorriso che si perdeva
nell'aria ancora cristallina o
un cenno soltanto e poi solo
le orme nella sabbia sottile,
e noi, come donne-bambine,
stanche dei nostri giochi,
cercavamo gli stessi segni
abbandonati nel buio per
seguirli, ridendo, fino al nostro
rifugio: una stanza accogliente.
Poi la doccia e il rito che
l'accompagnava e non era
la crema solare comprata
prima di partire nel negozio
di un anonimo quartiere,
ma un unguento profumato
che una ninfa aveva distillato
per noi e soltanto per noi.
E dopo qualche carezza
fugace, ci assopivamo,
senza neanche sfiorarci,
in compagnia dei nostri
pensieri e, a volte, delle
nostre paure nascoste.
Nei lunghi silenzi
Nei lunghi silenzi
del nostro candore
i nostri corpi nudi
diventavano ruscelli
d'acqua limpida
e le tue mani e le mie
frugavano in essi
con delicata dolcezza:
ed erano brividi
che sento ancora
sulla mia pelle.
Pareti a specchio
I tuoi occhi
erano una stanza
con pareti a specchio
ed io al centro
potevo osservarmi
da tutti i lati
per capire come ero realmente.
Il tuo respiro
mentre dormivi
mi avvolgeva nella
spirale dei tuoi sogni
che sognavo credendo
che fossero i miei.
Il tuo essere donna
come nessun'altra
mi dava ogni certezza
ed ero donna,
come nessun'altra.
E mentre il tuo corpo
bruciava di desideri spenti
e mi ritrovai a desiderarti
anche nella tua nuova
veste di urna cineraria,
solo allora la realtà
mi colse di sorpresa
ma ero già morta dentro.
Quanti anni sono trascorsi
dall'ultima volta che abbiamo
preparato insieme il presepe?
Sai (che sciocca che sono), certo che lo sai,
che da quando sei andata via
con l'ultima stella cometa
di una mezzanotte di un tempo
che mi è sembrato eterno,
non ho avuto più la forza
di recarmi in solaio a prendere
quella scatola, un pacco
regalo riciclato, a fiori
di un azzurro demodé.
E perché avrei dovuto farlo?
Ma quest'anno mi sono detta:
"e perché non dovrei farlo?"
Il contenitore di cartone
mi è sembrato più leggero,
forse perché i ricordi non
hanno un loro peso specifico,
a volte ti uccidono soltanto.
C'era tutto: il Bambino e
la sua Mamma, la carta stellata
e tutto il resto!
Ma io cercavo le due donnine
di gesso colorato...
Ti ricordi? Una, sdraiata che
dormiva e l'altra china, nel gesto
di chi raccoglie un fiore o di chi bacia.
Quando le comprammo, senza confessarcelo,
sapevamo già che ruolo avrebbero avuto.
In un anfratto di carta pesta,
lontano da occhi indiscreti,
le sistemammo vicine, volevamo
il nostro posto in quella quiete
ad arte costruita.
E tu, con apparente serietà, mi dicesti:
" Chi delle due vuoi essere?"
"Scegli tu" risposi "anche se è scontato...
dormo sempre!"
Una cristallina risata illuminò la stanza:
"ed io ti bacio, mentre dormi, sulla fronte,
come se tu fossi la bambina...
che non potremo avere".
Ad una, ad una, tolsi le statuine
dalla scatola: il pastore, il ciabattino...
e con ansia crescente e timore
che diventò certezza, non ti trovai.
Ed è come se ti avessi perduta
per la seconda volta!
Intrappolate
Prigioniere dei nostri
pensieri
diversi fra loro
ci univa la certezza
di un amore che credevamo
dovesse durare per sempre.
Avevamo creato
lacci invisibili
che non si sono ancora
sciolti nonostante
i morsi del tempo.
Il bisogno di te
è sempre vivo e tu
vivi in me come
desiderio che
diventa sofferenza.
Dovrei lasciarti
volare lungo quei
cieli che ti impedisco
di scoprire e tu
ammaliata ti lasci
intrappolare ed io
intrappolata mi lascio
ammaliare.
Adesso è tempo
di spezzare le catene
di un tormento
che ci sta consumando
affinché il nostro
amore ritorni ad
essere un canto libero.
La ragazza di pesca
La ragazza di un tempo
dagli occhi come mandorle
di desiderio è diventata
una donna che il mare
del sud esalta e divora.
Quanto tempo è trascorso
da quando mi sussurravi:
"coccolami un poco"?
E quando le mie parole
diventavano ardite
sciogliendosi in iperbole
di desiderio,
immancabilmente
mi lasciavi con la
stessa frase:
"adesso dormo,
mi si chiudono gli occhi".
Sapendo che
io non avrei dormito
pensandoti svestita
soltanto
da una camiciola di pesca
che il caldo sudore
d'estate appiccicava
al tuo corpo esaltandone
le forme di giovane ninfa.
Via Crucis
Come poter dimenticare
i miei occhi riflessi nei tuoi
in quegli attimi che mi
sembrarono un'eternità:
ma sapevo che eri già altrove.
Con delicatezza ti accarezzai
la fronte e lentamente
feci scorrere la mia mano
lungo ogni piega di quel viso
che conoscevo ad occhi chiusi
ma stavolta furono i tuoi
occhi a restare chiusi per sempre.
E poi l'ultimo addio,
mentre con l'essenza
dei fiori che amavi
preparavo il tuo corpo
affinché Minosse stordito
dal tuo profumo
ti assegnasse un angolo
dove le anime attendono
chi in vita le amò.
Ero già preparata...
ma l'ultimo addio mi colse
lo stesso di sorpresa
e con serena follia
suggellai con un ultimo
bacio profondo
la tua bocca d'amante.
Pelle di Luna
Ci sono ricordi
che ti si attaccano
addosso come una
seconda pelle
o un soprannome.
Uno di questi,
la prima volta insieme,
in vacanza,
quella estate del...
-lasciamo andare-
Curiosai fra le tue creme
e fui sorpresa di trovare
una protezione solare
con fattore 50 e più.
Ti feci notare con stupore:
"ma hai sbagliato,
non sei certo una bambina,
me ne sarei accorta".
Sorridesti come solo tu
sapevi fare e poi seria:
"Ti svelo un segreto,
non sono la ragazza
che tu credi
ma una strega
che viene dalla luna,
dal lato sempre in ombra.
E fu li che ti trovai
dormivi da cent'anni
e fu un mio bacio
a farti aprire gli occhi.
Poi ti sfiorai la fronte
per toglierti i ricordi".
"Chi sono?" mi chiedesti
"Sei Lilith, da sempre".
Sorrisi a bocca aperta:
"che scema che sei...
stavo per crederci!"
Mi chiudesti la bocca
con un bacio e con dolcezza
mi portasti a letto.
Quando nelle sere d'inverno,
su quel divano a righe,
che ormai aveva fatto
il suo tempo ma che non
potevamo o forse non
volevamo cambiare,
abbracciate, sotto la coperta
di lana di vigogna, stanche,
dopo aver fatto l'amore,
mi assopivo sulla tua spalla
mentre tu leggevi,
a volte a voce alta,
mi capitava di svegliarmi
all'improvviso dal sogno
della storia che leggevi.
Fu una sera di quelle,
che senza neanche aprire
gli occhi ti chiesi: "Cosa leggi,
dove mi hai portata?"
Trattenesti un sorriso:
"In un zona della Mancia,
dove un Cavaliere combatte,
come noi, contro l'ottusa visione
della gente, che non riesce a veder
giganti ma sol mulini al vento".
A questo punto aprii
gli occhi e nei tuoi,
tagliati come due diamanti,
mi specchiai per un attimo
infinito e poi ti sussurrai:
"Ho bisogno di te,
mia Dulcinea del Toboso,
la notte ci appartiene,
andiamo a letto,
ho voglia di sognare
e d'altro ancora, ma non oso".
Chiudesti il libro e non
andasti oltre…
Ho visto il cartello
affittasi appeso al
portone della nostra
vecchia casa:
come un automa
chiamai l'agenzia e
fissai un appuntamento.
L'indomani si presentò
una ragazza bionda
dal viso ben truccato.
Quando l'ascensore
si fermò al terzo piano
il cuore per poco
non si fermò con esso.
Aprì la porta e poi:
"prego, faccio strada..."
e cominciò a descrivermi
ogni stanza facendomi
notare che il mobilio
era in ottimo stato,
i servizi rifatti l'anno prima
e bla, bla continuò
per un bel pezzo.
Quando la fermai
"Non occorre, la conosco"
mi guardo stranita,
"per tre anni abbiamo
vissuto insieme in queste
stanze che risuonano
ancora della sua calda voce".
"Non le volevo far perdere
tempo ma avevo bisogno
di conferme. Il tempo
mi divora lentamente
nutrendosi di quelle poche
certezze che mi sono rimaste".
La ragazza dal viso
ben truccato sembrò capire
o così mi parve.
"Signora, è tardi, e fra
un'ora ho un altro appuntamento".
Mi lasciò sotto il portone
ma poi ci ripensò:
"Posso accompagnarla
da qualche parte?".
"No, grazie, sono arrivata a casa".
Ancora...
Anche i dolori laceranti
come tizzoni ardenti che
si conficcano nella carne
col tempo diventano
cenere spenta,
ti brucia lo stesso
ma si sopporta.
Ed è allora che si lascia
più spazio a quei ricordi
che avevi creduto
di poter controllare.
Avresti dovuto tenerli
a bada ma come torrenti
in piena ti trascinano
lungo un percorso tortuoso
e ti accorgi che non riesci
ancora a governare le
emozioni violente che ti
procurano e che ti sarà
impossibile dimenticare
e neanche lo vorresti.
Quanto vale un sogno
Quando mi chiedesti
"quanto vale un sogno?"
avevo la lingua
fra le tue cosce bianche
alzai il viso
per darti la risposta
- che non conoscevo -
ma tu mi fermasti:
"continua, sto godendo"
Adesso lo so
- un sacchetto di cenere
e un addio -
Duetto
"Se una mattina
d'estate
al risveglio
mi accorgessi
che il cuore
non batte più
potrei alzarmi
e correre
nel vento..."
-Allora butterei all'aria il mio...
per correre con te...-
"E come potrei
continuare
a correre
con il rimorso
dentro?"
-Quale rimorso? amore mio, e perché-
"d'averti portata
via con me"
-Questo non dovrebbe darti altro che felicità...
perché io felice sarei!
Adesso lasciami perché se al lavoro
faccio tardi... addio serenità!-
Ho cercato...
Ho cercato di dimenticarti
così come ho cercato
di ritrovarti in ogni donna
che mi ricordasse qualcosa di te.
Lo sguardo a volte sfuggente
il sorriso tagliente,
il portamento fiero
e il tuo seno coppa B
che non voleva essere imbrigliato
in merletti costosi o cotonella,
che per te non facevan differenza.
Eri nata libera come una puledra
nelle montagne della luna.
Ho cercato di dimenticarti
ma la presenza in altre del solo reggiseno
era solo la conferma della tua assenza.
Avrei dovuto fare all'amore
con cento e poi cento donne diverse
per ritrovarne una soltanto:
la mia amante di giorni vissuti
come se fosse uno soltanto
durato il profumo di un eterna estate
con il sapore del tuo frutto succoso
che mi riempiva la bocca dei tuoi umori.
Ho cercato di dimenticarti, amore mio,
ma ho cancellato da tutti i dizionari
quell'unica parola che mi fa paura,
più crudele di un addio, essa è OBLIO.
Déjà vu
Quando ti chiesi
"cosa vuol dire déjà vu?"
quante parole non conoscevo
prima di conoscere te, anima mia!
Come accadeva a volte
"... esistono libri scritti
per rispondere
ed io non sono uno di questi!"
così mi rispondesti,
mal celando un sorriso
con un broncio...
che disegnava false rughe
sul tuo viso.
Lo colmai con un bacio
e ancora un altro
mentre ti spogliavo
lentamente;
avevo imparato
come far tornare la tua pelle
liscia come quella di una ninfa.
Adesso lo so cosa vuol dire
e mi capita spesso,
toccando un oggetto,
aprendo un libro
o trovando in un cassetto,
confuso in mezzo ai miei,
un vecchio fazzoletto,
di rivivere momenti
già vissuti
trovando in essi,
oggetti inanimati,
il calore e l'odore
del tuo corpo d'un tempo,
che riesce ancora
intensamente
a trasportarmi nel vissuto
di un passato incanto.
E non è soltanto un sogno.
Qualcosa muta
Eppure me lo avevi detto:
"Un giorno incontrerai
una ragazza che ti darà
tutto quello che io non
riuscirò a darti e non
per disamore ma perché
non siamo padrone della
nostra vita, non del tutto".
Mi facevi incazzare quando
mi parlavi così, non lo capivo!
E ti tenevo il muso per
diversi giorni, fino a quando,
non riuscivo più a resistere
e il muso ritornava a prendere
la forma di labbra assetate
del tuo respiro, della tua voglia
di baciarmi che assecondavo
con passione, ancora malcelata,
per riscoprire il tuo profumo
di buono che come un effluvio
mi inondava dalla testa ai piedi.
Ed erano giorni d'amore,
di parole appena smozzicate,
di carezze leggere e di dita
sapienti che percorrevano
sentieri già noti e altri da scoprire.
Quando te ne andasti, tuo malgrado,
perché un conto è parlare
della fine e un conto subirla,
ti giurai che ti sarei stata
sempre fedele. Non sapevo.
I giuramenti d'amore si sciolgono
nello spazio di un mattino,
si fa per dire...
Adesso, lo sai, e magari la conosci:
mi capita di sentire la tua assenza
come presenza viva. Uso a volte
il tuo profumo. ma so che non
è questo a risvegliare i ricordi.
Devo lasciarti, sento lo scatto
della serratura, è arrivata…
La vasca da bagno
Una vasca da bagno
illuminata dal bianco
profumo di una schiuma
di rose, rosse come la
passione di quei momenti
Quante volte ci siamo
baciate mentre fuori
lasciavamo i nostri problemi:
la rata del condominio,
il mio lavoro a rischio,
il tuo capo ufficio che
non aveva ancora capito
e mia madre che non ci
accettava e scorreva i
grani del suo rosario
borbottando, fra una ave
Maria e un pater, che non
sarebbe mai stata nonna.
Ma a noi, anime candide,
bastava essere insieme
nelle carezze che le nostre
mani si scambiavano, le une
lungo la dolcezza dei declivi
delle gambe dell'altra e le
altre che si aprivano un varco
negli inguini, percorrendo
i sentieri che le avrebbero
condotte a cogliere il bocciolo
di rosa, stretto fra le labbra
che il calore dell'acqua, insieme
agli unguenti all'olio di passione,
aveva aiutato a dischiudere
per scambiarsi baci, con le
altre labbra che incorniciavano
il palato e che sentivano
ancora nella lingua il sapore
della tua lingua, amore mio.
Non riesco a dimenticarlo
anche se non è servito
a niente cambiare la vasca
con una doccia singola.
Confessione
Da tempo non ti sento
accanto.
Le stagioni si susseguono,
ognuna con il proprio
incanto.
Ti ricordi quella macchia
di violette accanto
alla nostra panchina?
quel che è rimasto
è solo un ricordo.
Ho pensato che non
avvertendo più la tua
presenza
hanno trovato posto
nel tuo nuovo giardino:
magari sotto quel pino
bianco che ho sognato.
Ti sei accorta che
sto girando intorno
al vero problema:
ho conosciuto in rete,
il vizio non l'ho perso,
una ninfa di quel lago
che amavamo tanto.
Troppo magra per i tuoi
gusti, un viso incastonato
in una massa di capelli
neri più dei tuoi, ma a riccioli.
come le nubi di un cielo
che annuncia la tempesta,
una tempesta che mi stava
facendo perdere la testa.
Ho risolto il problema
a modo mio, in un batter
di ciglia, non so come,
ho chiuso la porta
della Home
che non riesco mai
"Quanto vale un ricordo?"
"Quanto vale un ricordo?" mi chiese,
mentre preparava la valigetta
con la quale era venuta.
"Non lo so" le risposi
-mentre avrei voluto dirle
che ci sono ricordi che
possono avere il valore di una vita,
ma non era certo il suo.-
Avevamo fatto un patto
e sapevamo entrambe
che sarebbe durato
quel quanto di indefinibile
che la sorte concede.
Quando ci incontrammo
in quel bar per diversi,
le raccontai la mia storia
e quando alla fine mi accarezzò
il viso con l'accenno di un sorriso,
così mi sembrò,
le allontanai la mano
con un gesto infantile:
"Non ho bisogno di te..."
e feci il gesto di alzarmi
e andare via, se...
-c'è sempre un se a far mutare ogni cosa-
se non avesse spostata
la sua mano dal viso
a fin sopra il ginocchio:
"stai calma Lilith"
e poi mentre si accendeva
una sigaretta, aggiunse:
"che nome impegnativo!
mi racconterai per strada il resto ,
ammesso che ci sia un resto da sapere."
Queste parole, dette quasi per caso,
mi fecero pensare a te, anima mia!
Solo tu avresti potuto dirle...
"Quante scuse si prendono
ogni volta che si vien meno
ad un impegno preso"
Quanto durò? un anno, un mese, un giorno
o il tempo di una carezza e di un orgasmo?
"Quanto vale un ricordo?"
e già la porta dell'ascensore
si chiudeva su una storia
che non poteva avere storia.
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