domenica 8 dicembre 2013

ANTONELLA LUCCHINI

ANTONELLA LUCCHINI











Chiusa a riccio nelle sue giornate azzime, cercava di lasciare al tempo meno tempo possibile. A letto presto, sveglia molto tardi, riempiendo il resto con quel poco di attaccamento alla vita ancora cucito addosso.
Ma quella giornata di vento era diversa. Tra le quattro mura - la sua gabbia - lo sentiva gemere tra le ossa, riusciva a scompigliarle i capelli al chiuso; ne sentiva il sibilo, la voce, l'odore e d'improvviso tutto fu chiaro. Si mise qualcosa sulle spalle, già troppo pesanti, ed uscì. La vista della gente, soprattutto dei sorrisi della gente, la infastidiva; cercò di aumentare il passo, aderendo ancora di più ai muri degli edifici.
Quando arrivò, si arrestò di colpo: il cuore le soffocava in gola, le mani fredde si stringevano l'una all'altra quasi a scaldarsi o a farsi coraggio.
Respirò il vento, traendone la forza sufficiente. "Freddo il ferro" pensò. Sotto quell'arco del ponte si sentiva proprio una donna sull'orlo. Non si lasciò il tempo per pensare e chiuse gli occhi, per non riaprirli.

(f.g)

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