da LA GLORIA di Giuseppe Berto
(Il dramma umano di Giuda si compie)
[...]Ero nel cortile di Caiafa mentre il sinedrio Ti giudicava meritevole di morte, e poi vidi le guardie che T’insultavano e picchiavano: non feci e non dissi nulla. Ero da Erode quando le sue guardie Ti schernivano e offendevano: non intervenni. Ero davanti al pretorio quando Pilato propose Gesù o Barabba, e non gridai Barabba, ma
nemmeno gridai Gesù: ciò ch’era stato stabilito, io l’avevo compiuto, ora toccava a Te.
Per Te soffrivo, come Tu avevi sofferto per me condannandomi a tradire, ma la volontà dall’alto doveva essere fatta. Con angoscia andavi verso la morte, ma la Tua fermezza nella sofferenza era amara e grandiosa: non dovevo ostacolare il cammino che T’eri scelto. Ti vedevo, con disperazione, sfinito, smorto, insanguinato, mi sforzavo di pensare che non provavi dolore - come può provare dolore il figlio di Dio, uno che può comandare a legioni d’angeli - ma la Tua pena era così evidente che non poteva non essere reale.
Forse T’era necessaria per poter diventare il figlio di Dio. Il divenire non era ancora giunto al termine.[...]
(f.g)
«Dobbiamo andare e non fermarci finché non siamo arrivati» «Dove andiamo?» «Non lo so, ma dobbiamo andare» Jack Kerouac
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