mercoledì 10 aprile 2013

IL SOGNO DI GIULIA - Racconto scritto a più mani dal gruppo Facebook "Colore nelle Ali"

IL SOGNO DI GIULIA - Racconto scritto a più mani dal gruppo Facebook "Colore nelle Ali"

Giulia sarebbe stata una bambina solare se non fosse stato per la separazione dei suoi genitori. Non aveva dimenticato le liti, lo sbattere delle porte e poi lui se ne era andato.

Al suo posto, col tempo, arrivò un nuovo papà più allegro. La mamma rideva sempre e si curava di più. Lei vendeva vestiti in un negozio del centro, erano belli, ma spesso non piacevano a Giulia che diceva che li avrebbe disegnati lei a Parigi, una città che sentiva spesso nominare dalla mamma.


E venne il primo Natale con tutta la nuova famiglia. C’era la mamma del fidanzato, che a Giulia piaceva molto perché rideva sempre, e la sorella col figlio Samuele che litigava una volta sì e una volta no. Samuele era una vera birba e la prozia, una signora sorridente che restò sempre seduta in poltrona e che alternava momenti di lentezza a momenti in cui si muoveva con grande agitazione. Fu da lei che Giulia ricevette il regalo più atteso: una scatola con i modelli parigini ed un manichino su cui avrebbe dovuto sistemare i vestitini.

Si ritirò felice nella sua stanza e iniziò a fare le prove, ma non aveva fatto i conti col dispettoso Samuele che prese il manichino e lo buttò a terra. Il collo si spezzò e Giulia uscì piangendo dalla camera.
Samuele fu sgridato, ma non era facile sistemare il manichino. Giulia rimase nella sua stanza a piangere calde lacrime finché arrivò la prozia, camminava a fatica ma mostrò il suo volto più sorridente a Giulia. “Non rinunciare ai tuoi sogni mai ! “ Fece un abracadabra ma nulla accadde. “Bisogna avere pazienza” le disse, “io sono sicura che un giorno tornerò a correre”.

Ritentò più volte ma non successe nulla, erano sole in camera e a Giulia venne da ridere vedendo la prozia che si agitava provando a fare una magia disegnando arabeschi per aria col suo bastone.
Agitandosi in quel modo il bastone ruppe la lampada che era appesa al soffitto e fu di colpo notte buia.
Giulia scoppiò a ridere, aveva una risata argentea e contagiosa e più la prozia le chiedeva di accendere un’altra lampadina o di aprire la porta, più lei rideva a crepapelle.
Finalmente la prozia, a tentoni, trovò la maniglia della porta e la aprì.
Guardando fuori rimasero tutte e due a bocca aperta. Fuori dalla cameretta non c’era il corridoio, non c’era la casa, non c’era nessuno.

La cameretta era sospesa in aria, ad appena 20 cm dal suolo. Lì, dalla porta, senza uscire, sentivano l’aria fresca come in primavera, l’erba alta e bagnata di rugiada ondeggiava offrendosi al sole. Alcuni papaveri si aprivano all'ombra di grandi margherite, le nuvole correvano veloci, la bambina e la prozia si guardarono, erano entrambe a bocca aperta, ammutolite e allo stesso tempo stupite.
Giulia in un momento di timore si buttò sulla gonna della prozia. Lei le accarezzò i capelli dolcemente con una mano mentre con l’altra teneva ancora la maniglia della porta: “aspetta Giulia - disse - adesso chiudiamo la porta e quando la riapriremo vedrai che saremo tornate a casa”.
Giulia col pollice in bocca annuì e guardò la porta della cameretta richiudersi. Erano di nuovo entrambe al buio.
“Sei pronta?” chiese la prozia, di nuovo Giulia annuì e Lucia aprì la porta celando al meglio la sua stessa paura.

La porta si aprì per la seconda volta su di un mondo incantato, ma diverso dal precedente. Un'aurora boreale tracciava la strada davanti alla porta della cameretta.
Milioni di stelle viola cantavano insieme, mentre una nebbia profumata entrava nella cameretta.

Giulia impaurita chiuse la porta con un violento "vlammm".
La zia non osava nemmeno guardarla in viso. Tra mille dolori si mise in ginocchio per poterla prendere fra le braccia. Giulia singhiozzava .
Qualcuno bussò alla porta.
Era un picchiettio acuto e ritmato come il bussare della mamma quando la mattina le portava il latte caldo a letto. Giulia si buttò di getto sulla maniglia, la aprì e si trovò naso a naso con un uccello enorme, anzi per essere corretta direi naso a becco.
L’uccello guardò Giulia e la prozia Lucia e disse : “salite!”

Si mise di spalle per permettere a Giulia di sedersi sulle sue soffici piume e di tenersi in sella abbracciando il suo lungo collo. La zia fece altrettanto. L’uccello, sentendo la zia camminare sul dorso, le disse : "Lucia il bastone non ti serve qui”. La prozia felice lo fece volare fin nella cameretta sospesa.
“Siete pronte?” chiese l’uccello ? “ si parte !!!!”
L’aurora boreale era uno spettacolo di colori, ma anche di suoni, i colori ondeggiavano e quel movimento diventava musica. Il vento faceva vibrare quelle strisce di luce come fossero corde d’arpa. Le stelline brillavano accendendosi e spegnendosi come se si parlassero in Morse.
L’uccello bianco lasciò l’autostrada boreale per prendere la circonvallazione lattea, poi girò rapidamente a sinistra verso gli anelli della terra, la luna sorrideva serena guardando il riflesso di sé nell'oceano. Giulia e la zia si tenevano strette strette e Giulia teneva abbracciato il lungo collo dell'uccello bianco. Le sue ali erano larghissime e le apriva e chiudeva con tanta calma.
Dal cielo terrestre che diventava via via più chiaro, Giulia e la prozia videro l’Italia, così verde e marrone nel blu del Mediterraneo. Videro la corona di bianco sulle Alpi e poi quegli specchiettini d’acqua, di sicuro grandi laghi, ma da lassù sembravano piccoli come le stelline di Natale ritagliate nella carta d'argento.
L’uccello si raddrizzò un pochino, sorvolava ora le colline dolci della Francia e puntava dritto a Nord. Giulia gridò: “Guarda ziaaaaa....... c’é la torre di Parigiiiiiiii....!

L’uccello stava sorvolando Parigi. La luce dell’alba sfiorava gli attici dei palazzi intorno alla Senna; Montmartre era immersa in una luce arancione, altissima e sola si scagliava nel cielo la torre Eiffel.
L’uccello fece il giro della torre più volte, Giulia e Lucia avevano lo sguardo perso ed incantato sull’avenue des Champs Elysées fino all' Arco di Trionfo. E dalla parte opposta, le guglie altissime di Notre Dame che si riflettevano nella Senna. E ancora quella torre di ferro...eterna signora che troneggiava al di sopra degli Champs de Mars, al di sopra di Parigi, al di sopra delle case, al di sopra del tempo !
L’uccello le rassicurò : “ non abbiate paura, gli ascensori arriveranno presto, aspettate che i turisti salgano prima di scendere” . Questa sera tornerete qui.... vi verrò a prendere!
Così fecero e poco più tardi si ritrovarono ai piedi della torre fra un mare di turisti interrogandosi sul da farsi.
La prozia non si perse d'animo, cercò un taxi, ma non se ne vedeva neanche uno. Giulia era spaventata, finché si fermò un'auto vecchio modello con un signore alla guida.

“Lucia ma sei proprio tu ?” disse l'uomo rivolto alla prozia.
Era Olivier, un suo vecchio spasimante. La prozia gli spiegò rapidamente la situazione: “ ma venite con me disse !”
Le portò in una via del centro. “Qui c'e una sartoria, la proprietaria é una mia vecchia amica.”
Salirono, una signora sorridente le accolse, prese da parte Giulia dicendole: “vieni, fammi vedere i tuoi disegni”.

Olivier e Lucia rievocarono i vecchi tempi e si fecero un sacco di risate.
Fu presto sera e la signora della sartoria disse a Giulia: “torna quando vuoi, i tuoi disegni sono molto belli”.
Olivier le accompagnò alla torre, le fece scendere e scomparve.

Tornò l’uccello bianco,gli salirono in groppa e si addormentarono .......ma qualcuno bussò alla porta e si svegliarono.
“Ci siamo addormentate” dissero ai parenti. Lucia prese in mano il cellulare e chiamò una vecchia amica francese con la scusa di farle gli auguri. “ Olivier ? Ma non lo sai? Tre anni fa .....un incidente” !
Alla prozia scese una lacrima sul viso. No, il suo Olivier era vivo ed era tornato per realizzare il sogno di Giulia!


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