martedì 29 novembre 2011

Una mattinata kafkiana








Una storia surreale


Ci sono certe giornate che iniziano male e finiscono peggio, quella di oggi è stata una di queste!



Mi  alzo più presto del solito dal momento che ho un appuntamento con la mia psichiatra, la vado a trovare periodicamente perché mi piace farla sentire utile: con il mestiere che fa ha bisogno ogni tanto di qualcuno che le dia una mano! 



Faccio la mia solita colazione a base di semi di lino, semi di sesamo e di zucca, il tutto tritato insieme a semi di cereali crudi e poi frullato con mezzo





Crema Budwig



limone, una piccola banana , un cucchiaio di latte di riso e, siccome mi
voglio bene, aggiungo del tofu (mi capite perché ogni tanto mi capita di essere avvilito) e poi do una occhiata al computer di mia moglie, che è acceso e scopro di essere uno zombi (cosi mi ha definito nella bacheca del Funambolo): a questo punto vorrei tornare a letto, ma ho quell'appuntamento!

Guardo l'orologio e scopro di essere maledettamente in ritardo; mi lavo i denti (mister parki ci mette del suo e mi ostacola più del solito) e dopo essermi sciacquato la faccia come un gatto, mi vesto e di corsa ( si fa per dire) raggiungo l'ospedale.

 Ho l'appuntamento alle 10,30 e alle 10,32 sono già nella sala d'aspetto della mia amata dottoressa. Mi sento tremendamente in colpa per essere arrivato in ritardo! I sensi di colpa mi hanno accompagnato da sempre, o meglio dalla più tenera età, e negli anni sono aumentati in misura esponenziale: mi sento come il personaggio di quella storia del mandarino cinese, infatti ogni volta che mi capita di premere un campanello sono sicuro che in cina qualcuno muore!

Ed è per questo motivo che nella mia borsa da passeggio di cotone ecologico porto sempre un cilicio e una capiente  busta con della cenere da spargere sulla mia testa  alla occorenza, non si può mai sapere...






Riprendo la storia: attendo con pazienza nella sala d'attesa e a mezzogiorno comincio ad avere qualche dubbio, ho ritardato di 2 minuti e la mia dottoressa non mi ha aspettato! si, mi dico, deve essere andata proprio così. Ma poi penso "forse stara visitando qualche altro paziente" e decido di bussare alla porta dello studio, nessuna risposta! cerco di aprire la porta: è chiusa a chiave!



E' colpa mia mi dico, sono arrivato in ritardo! Allora sento il bisogno di scusarmi e così decido di chiamare la segreteria del progetto "Lampadina", si, è questo è il nome che la regione L.........ha dato a questa iniziativa di indagine cognitiva intorno e dentro il nostro cervello. Dopo un po che il telefono squilla, una voce registrata mi informa  che la segreteria è aperta il martedì se cade di giorno dispari, il mercoledì se di giorno pari e gli altri giorni, escluso il lunedì, fino al venerdì, se la segretaria ha voglia di rispondere! 



A questo punto una persona normale se ne sarebbe tornata a casa, ma io no!

 Giro tutto l'ospedale per trovare il padiglione psichiatrico (il progetto "Lampadina" ha sede presso un distaccamento) nella speranza di trovare qualcuno della segreteria per giustificarmi del mio ritardo e se è il caso, di fustigarmi con il mio cilicio!



Finalmente raggiungo il padiglione del psichiatrico, una struttura tubolare, moderna ma un po paranoica (d'altronde!), mi precipito a piano terreno e naturalmente la segreteria del laboratorio "Lampadina" è chiusa; salgo le scale di corsa (gli ascensori sono tutti chiusi a chiave) e finalmente, all'ultimo piano trovo due infermiere, e siccome sono un insicuro cronico, chiedo: "questo è il pianeta terra e oggi è il 28.11.2011?" Una delle due infermiere mi guarda e sorride: "Si, aveva bisogno?" Ed io comincio a raccontare la storia  dell'appuntamento, dei due minuti di ritardo, della segreteria trovata chiusa e in preda ad una forma di parossismo sempre più crescente, per paura di non essere creduto, cerco il biglietto con la prenotazione ma non lo trovo (la mia borsa ecologica è come quella delle donne,nasconde tutto) e allora rovescio su una panca della saletta tutto il contenuto della borsa: un cilicio, una raccolta di immaginette di santi, una raccolta di figurine di donnine nude, un libretto di aforismi zen, un sacchetto di cenere che si rovescia sul pavimento e il Libro Tibetano dei Morti! Della prenotazione nessuna traccia!




 Noto un sorrisetto nello sguardo delle due infermiere, poi una si allontana e dopo un po arrivano due energumeni vestiti di bianco che con perizia professionale mi sollevano e mi portano in una sala con al centro un lettino. Io non capisco, cerco di spiegare loro l'accaduto e loro con modi energici mi dicono "va tutto bene, sei in buone mani" e nel frattempo, visto il mio stato di agitazione crescente, mi legano al lettino con delle robuste cinghie! e poi, vanno via.

 Passa qualche ora e finalmente entra un altro infermiere: ma questo lo conosco è Robby, il mio tutor del progetto "Lampadina" che mi dice: "ciao Franco, ti trovo bene! ma che ci fai qui? non sei pericoloso!"

 Io gli spiego i fatti dall'inizio e allora mi libera dai legacci e poi si offre di aiutarmi. Io gli dico soltanto che vorrei scusarmi con la dottoressa per il mio ritardo e Robby mi tranquillizza: "Calmati Franco, adesso cerco io la dottoressa e glielo spiego" Prende il telefonino, fa diversi numeri, parla con qualcuno e poi mi dice: "Oggi la dottoressa si è sentita male e non è venuta al lavoro, ma siccome la segreteria  è chiusa il lunedì, non ha potuto annullare gli appuntamenti. Se vuoi puoi tornare a casa o se preferisci restare qui, c'è ancora qualche stanza libera!" Robby è un ragazzo affettuoso, lo ringrazio: "No grazie, preferisco tornare a casa. Sarà per un'altra volta."



Ritorno a casa alle quattro del pomeriggio e mia moglie incazzata mi dice: "Potevi anche avvisarmi che non saresti venuto a pranzo!"

 Io la guardo e balbetto: " Ma ero in ritardo di soli due minuti!"


martedì 22 novembre 2011

Ritrovarsi ....su facebook!




Catania - Chiesa di S.Agata al Borgo
                                          Il fatto in se...

Questa sera, su facebook, una persona mi ha chiesto l'amicizia, il pseudonimo della sua bacheca mi è piaciuto e gli ho risposto subito accettando la sua richiesta e comunque io per indole non rifiuto mai l'amicizia a nessuno.
Dopo qualche minuto ricevo un messaggio:"Sei Franco? abitavi a Catania in via Empedocle?"
Rispondo: "Si, ma tu chi sei?" Ero perplesso perché la sua bacheca era priva di qualsiasi informazione!
"Sono Candido!"  Ho pensato subito al Candido di Voltaire e mi sono detto, fra me e me, "va bene che sei dopato, ma sarebbe la prima volta che il personaggio di un libro si presenti su fb! e chieda proprio di te!"
"Candido e poi?" chiedo io. Risposta: "Sono Candido P............" (per rispetto della privacy)



                                             Un tuffo nel passato!




 Tutto d'un tratto sono entrato in un tunnel della memoria e mi sono visto proiettato all'indietro nel tempo di almeno  50 anni. Si, perché con Candido ho passato gli anni più belli della mia giovinezza!
Amici, come si può essere amici a 15 anni, senza riserve, senza se e senza ma! Con la testa  affollata di sogni e nel nostro caso di letture in comune, Garcia Lorca in particolare, Cervantes, Machado, i poeti maledetti francesi, Verga, Pirandello (non temete non ve li cito tutti!) e poi,  la musica ...il ticchettio del flamenco, i lamenti del fado, i ritmi delle isole greche, le nenie delle melodie arabe...
Vi starete chiedendo, a 15 anni? E si, avete ragione, eravamo dei ragazzi diciamo un po particolari e diciamolo pure...un po strani!




Vialetto della Villa Bellini di Catania
Abbiamo consumato le lastre laviche che ricoprivano il pavimento della piazza del Borgo, con al centro la fontana della dea Pallade, a furia di camminarci sopra e il selciato dei vialetti dei giardini della villa Bellini grida ancora di dolore per tutte le volte che l'abbiamo calpestato!




Piazza del Borgo  fontana dea Pallade
                                          Ritorno al presente!

Dopo i primi convenevoli ... ma possibile? Candido sei proprio tu? è da una vita che non ci sentiamo e bla, bla, bla...abbiamo cominciato a scrivere di noi, di come siamo adesso,  lui sei anni fa ha subito un intervento al cuore (sei ore sotto i ferri) ed io con il morbo di parkinson... che allegria! Ci siamo scambiate le notizie sulle nostre rispettive famiglie, di cosa abbiamo fatto da grandi, ecc., ma di fretta, perché quello che ci interessava veramente era poter fare un tuffo nel passato... insieme.
Abbandonato facebook (che non finirò mai di ringraziare) ci siamo parlati al telefono!

                                          Insieme nel passato...                                      

Ho riconosciuto immediatamente la sua voce, sempre la stessa, e... all'improvviso ci siamo ritrovati in via Etnea (inutile che vi dica dove si trovi, a Catania naturalmente!) e abbiamo ripreso un discorso interrotto appena 50 anni fa e sul quale non eravamo d'accordo, ci siamo accalorati (succedeva di frequente) e dopo aver macinato chilometri di strada, mi ha accompagnato   a  casa (abitavo vicino a quella chiesa della foto in alto )...ma la mia casa non c'era più!
 Ci siamo guardati negli occhi, un po smarriti, e ci siamo resi conto di essere caduti per qualche attimo nella trappola dei ricordi che il Tempo ci aveva accuratamente preparato!
Ci siamo salutati e abbiamo ripreso la nostra strada....

Ma che razza di storia è questa? Mah....

lunedì 21 novembre 2011

Astrologia...approccio cognitivo








Quando si parla di astrologia il pensiero corre alle pagine degli oroscopi  riportate nelle riviste, almanacchi e simili!



   Tutto ciò non è astrologia!



 Basta pensare che gli oroscopi pubblicati sui giornali tengono conto soltanto della posizione giornaliera  del Sole nei vari segni zodiacali rapportata alla posizione dello stesso al momento della nascita!

Ma oltre al Sole, una carta del cielo contiene le posizioni dei pianeti nei segni e relative influenze, ascendente, case astrologiche, punti sensibili dello Zodiaco es. nodo-lunare, luna nera ecc., posizione delle stelle fisse ecc.  Di tutti questi elementi l'astrologia non solo tiene conto della  loro posizione all'interno del cerchio zodiacale ma anche del rapporto angolare (aspetti astrologici) che hanno fra di loro (congiunzioni, quadrature, opposizioni, sestili, ecc.).

Insomma l'astrologia è una cosa seria e ritengo che il tema natale di ogni individuo sia una sorta di DNA con tutti quegli elementi di base  che tendenzialmente  concorreranno  a formare il carattere di una persona nel corso della vita! E in questo senso  può venirci in aiuto per conoscerci meglio dandoci la  possibilità di poter modificare, se necessario, alcuni aspetti negativi della nostra personalità!





Questo articolo vuole essere soltanto il primo mattone di una conoscenza che potrà diventare un intero edificio. Si accennerà alla struttura di base dell'astrologia senza entrare nei particolari ma con il solo scopo di stimolare l'interesse di chi legge nei confronti di una materia che pone al centro l'Uomo! 








Che cosa si intende per Astrologia ?





Per Astrologia si intende quel complesso di discipline

che studiano i rapporti che esistono fra la vita

umana e le influenze astrali.

Noi dobbiamo partire dal concetto, ormai universalmente

accettato, che tutti i corpi celesti sparsi

nell'immensita dello spazio si influenzano a vicenda

secondo la loro forza e la loro natura, trasmettendo

questa reciproca influenza all'uomo ed agli esseri

viventi sulla Terra.



Tutti gli astri, i pianeti, le stelle fisse, le costellazioni,

seguono un determinato percorso nello spazio

e per conseguenza nello studiare le loro influenze

dobbiamo tener conto del posto da loro occupato in

un dato momento e per un dato luogo di osservazione.

Ci occorre quindi saper disporre un Grafico o

Carta del Cielo che riproduca e rappresenti I'aspetto

della volta celeste per un qualsiasi punto del globo

e per qualsiasi ora, giorno, mese ed anno.



Determinata questa posizione dovremo cercare

di stabilire i rapporti che esistono fra pianeti e pianeti in relazione alla terra, cioè dovremo erigere un Oroscopo.



. La parola Oroscopo nel suo primitivo significato voleva dire: indicatore dell'ora di nascita, e prendendo la parte. per il tutto, il significato si è generalizzato per esprimere Ie predizioni del futuro secondo i dettami dell'Astrologia basati sulla Carta del Cielo eretta come sopra è detto.

Per erigere un Oroscopo è necessario possedere alcune cognizioni di cosmografia e di astronomia che cercherò di esporre brevemente nei loro limiti essenziali.



I principi fondamentali.








Lo Zodiaco - i 12 Segni - I Pianeti


Lo Zodiaco è costituito da quella ideale fascia circolare dell'altezza di 180° che avvolge obbliquamente la Terra e lungo la quale noi vediamo muoversi il Sole ed i pianeti nel loro apparente moto geocentrico. È un Cerchio massimo della Sfera Celeste.

Questo cerchio massimo contiene anche le 12 Costellazioni che influenzano i 12 mesi dell'anno e che vengono percorsi dal Sole nel suo spostamento lungo l'Eclittica, che è in quella linea immaginaria che taglia nel mezzo la fascia zodiacale in due parti uguali di 90° ciascuna.



La circonferenza dello Zodiaco è divisa in 12 parti uguali dette Segni, a partire dal Punto Vernale

situato a 0°dell'Ariete (21 marzo circa) ed ogni Segno è diviso in 30 parti eguali o gradi, ciascuno

dei quali è diviso in 60 minuti, composti ognuno di 60 secondi. Complessivamente quindi lo Zodiaco è diviso in 360°








Questa divisione in 12 Segni non va confusa con l'altra divisione in 12 Costellazioni, quantunque abbiano assunto lo stesso nome.

Non bisogna quindi confondere il Segno zodiacale con la Costellazione che porta il medesimo nome. Il Segno occupa nello Zodiaco un posto fisso e immutabile, mentre la Costellazione si muove percorrendo un movimento suo particolare che si compie in 25,870 anni.

Circa duemila anni fa i Segni coincidevano con le Costellazioni; ora invece, per effetto della Precessione

degli Equinozi non coincidono più, poiché ogni anno l'equinozio di primavera avviene con un anticipo di 52 minuti secondi ed occorre quindi un periodo di circa 26,000 anni per compiere l'intero giro e ricondurle alla loro primitiva posizione,



Attualmente, ad esempio, il Segno dell'Ariete sta per occupare la Costellazione dell'Acquario

poiché la retrogradazione di un segno intero dello Zodiaco di 30° richiede 2156 anni.

Noi in questa introduzione ci occuperemo solo dei Segni, che sono 12.








I 12 Segni sono, come tutti sanno:












I Pianeti sono 10, compresi i due Luminari: Sole e Luna.









In Astrologia si adotta il sistema geocentrico, si pone cioè la Tera al centro del sistema, col Sole che Ie gira attorno.





L'Astrologia antica ignorava l'esistenza di Plutone scoperto il 23 gennaio 1930. Così dicasi di Urano che era stato scoperto il 13 marzo 1881 e di Nettuno scoperto il 18 settembre 1846.







Le osservazioni scientifiche di questi ultimi pianeti sono quindi relativamente recenti e si ritiene che

essi apppartengano ad un secondo gruppo che verrà completato con la scoperta di ulteriori pianeti, confermando cosi le concezioni dell'antica astrologia esoterica che concepiva influenze provenienti da mondi extrasaturniani,





note tratte da un manuale di L.Zainaghi

venerdì 18 novembre 2011

Una green ...story d'amore


















Destandosi un mattino da sogni inquieti, Gregor Samsa si trovò tramutato, nel suo letto, in un enorme insetto. Se ne stava disteso sulla ....
a questo punto è intervenuto Mr. Park: "ma che fai, ti metti a copiare; non lo sai che questo
è l'inizio del racconto La Metamorfosi di Kafka?! e con sarcasmo: " tutti eguali voi italiani!....."
"Non raccolgo l'offesa.... certo voi anglosassoni siete tutta un'altra cosa!" Senza accorgersi che lo stavo prendendo per i fondelli, abbozza un sorrisetto e con il cappello in testa trova posto tra alcuni volumi di letteratura inglese posti in cima alla libreria.
Continuo: " lo so che è l'inizio del capolavoro di Kafka, ma grazie anche a te, ho la testa in stato confusionale, e volevo fare una furbata (sono o non sono italiano?): non dico, spacciare La Metamorfosi per una mia storia, nessuno ci avrebbe creduto, ma riempire anche oggi il mio blog con un racconto fantastico". Ma tant'é.......questo è il racconto:




  In una splendida mattina di primavera, mi trovai in una posto che non conoscevo, anche se mi sembrava di ricordare qualcosa. Il terreno era "tovagliato", si, sembrava di camminare su una tovaglia decorata con motivi trapezoidali e la cosa più strana, questo terreno o tovaglia che sia, si trovava sopra un mobile, una specie di scarpiera.....
Un momento, per tamponare gli effetti devastanti del parkinson prendo tante medicine e ogni tanto soffro di leggere allucinazioni....Sicuramente si trattava proprio di una allucinazione!
Stavo cercando di ritornare in me quando, non molto distante notai una fontana decorata, un pò "naif", ma gradevole: sentii anche scorrere dell'acqua, non c'erano dubbi si trattava proprio di una fontana. Mi avvicinai e cercai di guardare dentro la fontana, ma senza riuscirci perchè il bordo, alto circa 6/7 centimetri, mi impediva la vista....



"Alt!!!"dissi a me stesso, "cosa sta succedendo? se il bordo è alto come io lo vedo ne consegue (normalmente sono abbastanza razionale) che io sono non più alto di un pollice....."



"e te ne accorgi adesso?" a parlare era qualcuno che assomigliava ad un buffo ometto : non mi ero accorto prima della sua presenza  perchè era seduto, per terra, semi nascosto da un cespuglio di rovi. Indossava strani vestiti e in testa aveva un cappello fatto con delle foglie di quercia e bacche che lo faceva sembrare più alto di quanto in realtà fosse!
"Dove mi trovo?" gridai angosciato "e tu chi sei?
"Oh, questa è bella, sono uno nano: non si vede? Mi trovavo da queste parti e mi sto riposando dove mi vedi. Il rumore dell'acqua che scorre è molto piacevole" "e tu vai via!"
non lo diceva a me, ma ad un uccellino che si era messo a beccare dentro una bisaccia che lo strano ometto o nanetto aveva presso di sè, per terra.

Restai sbalordito, ma finsi di stare al gioco: "va bene, tu sei un nano e io chi sono Pollicino?"
Dopo avermi degnato di un sguardo: "bè, considerata l'altezza, potresti anche esserlo!"
Rimasi di stucco, ma non volendo darlo a  vedere continuai: "Senti amico, mi trovo in una situazione imbarazzante: non sò dove mi trovo e nemmeno perchè sono ...(avrei voluto dire "diventato così piccolo", ma non avrebbe capito!) , perchè sono capitato da queste parti. La mia malattia, che si chiama morbo di Parkinson, spesso mi fa di questi scherzi......" "Ah, sei amico di Mister Parkinson? lo conosco! Posso fare qualcosa per tè" Rimasi sbalordito e senza sapere neanche io il perchè, gli risposi: "Qualcosa potresti fare, non riesco a guardare cosa c'è dentro questa fontana, ma il gorgoglio dell'acqua è così gradevole..... e poi mi sembra di sentire delle voci ...." "Si, si ...il Mister fa di questi scherzi" disse l'ometto quasi infastidito , aggiungendo "dieci talleri!" "Cosa? "
chiesi io. "dieci talleri e ti dò una mano per farti salire sul bordo della vasca" "Ho solo una banconota da 10 euro, e alcune monete da un euro...." risposi, dopo aver svuotato le mie tasche. "Bah, carta straccia! ma perchè sei un amico del Mister mi vanno bene le monete! Qui non servono a niente ma posso sempre trasformarle in ciondoli...." disse disgustato il nanetto  e poi, aggiunse "io mi chiamo Dugnus ma stai zitto,  del tuo nome non me ne frega niente.....adesso devo ripartire e se vuoi ancora il mio aiuto è meglio che ci sbrighiamo!.."

Aveva una forza sbalorditiva, sollevandomi quasi di peso mi mise a sedere sopra il bordo della vasca e dopo aver intascato la ricompensa pattuita, si allontanò con la sua bisaccia sulle spalle, boffocchiando " a non rivederci, con certa gente non voglio avere niente a che fare: vengono qui, ti disturbano....." le ultime parole non le udii perchè lo strano essere si intrufolò in una fenditura di una vecchia quercia e scomparve.

Mi trovavo in una situazione a dir poco angosciante, ma l'interno della fontana era talmente affascinante che per un momento dimenticai i miei guai! Il bordo era abbastanza stretto e per non scivolare dentro l'acqua, mi misi a cavalcioni e mi avvicinai fino ad un punto della vasca (che scoprii essere di forma ovale) dove c'erano dei sassi che mi permisero di entrare all'interno di quella misteriosa fontana.
Se l'architettura di quel luogo l'avesse partorita la mente fantastica di uno scrittore come Edgar A. Poe non avrebbe potuto concepire un luogo più misterioso e inquietante.
Le parole non sempre riescono a descrivere ciò che si vede e tanto meno le emozioni che certi paesaggi ti trasmettono: si, perchè (forse per le mie dimensioni ridotte al minimo) quello che mi stava davanti, non era l'interno di una fontana ma un intero paesaggio , con anfratti, cascate, giochi architettonici, fiori sovradimensionati rispetto alle dimensioni delle strutture fisse e........."Alt, meglio riordinare le idee" mi dissi! Avevo la statura di un pollice, ero all'interno di una vasca che racchiudeva dentro un intero paesaggio, e anzichè
scappare terrorizzato me ne stavo affascinato a contemplare qualcosa che poteva anche essere opera del diavolo (si fà per dire....).
Di fronte a me si ergeva una tetra parete (per via del colore scuro) ingentilita da fiori bianchi a forma di campanella: in alto, da un grande vaso scaturiva, come se fosse una fonte sorgiva, un rivolo d'acqua che si travasava, a cascata, da una roccia color ocra con venature bianche ad un'altra roccia quasi identica situata più in basso rispetto alla prima:
il tutto alimentava un laghetto. Le sue sponde erano ricoperte da giganteschi fiori somiglianti alle spighe della lavanda. In secondo piano, gigantesche canne vuote di bambù, si incrociavano armoniosamente e raccoglievano una pioggia d'acqua che dall'alto alimentava questa, in apparenza, inutile canalizzazione. Dietro la roccia  a parete (prima descritta) una foresta di alte piante e ancora fiori; inoltre, un gorgoglio d'acqua faceva intuire (da dove ero non riuscivo a vedere) che altre cascatelle alimentavano un altro laghetto che doveva trovarsi alle spalle della parete rocciosa.
A sinistra, quasi lambita da un rivolo d'acqua, una ragazza ....."sto diventando pazzo" mi dissi! Guardai meglio, non era una ragazza quella che vedevo ma una folletta, si proprio una folletta dalle caratteristiche orecchie a punta. Un viso incorniciato da due treccine bionde, la testa cinta da una coroncina di fiori intrecciati e fra le braccia teneva un mazzo di fiori di lavanda; un vestito rosso senza maniche e calzava due stivaletti, penso, all'ultima moda!








"Che strano" pensai "nei momenti più difficili, a volte anche pericolosi, ti ritrovi ad osservare particolari che altrimenti non noteresti" Questo mi stava succedendo!

"Ciao, chi sei e cosa cerchi in questo nostro mondo?" mi chiese con una voce leggermente gracchiante, e aggiunse "sicuramente non sei di queste parti, hai un vestito così buffo!"

"Chi sono? non lo sapevo prima, figurati adesso! Cosa cerco? Io non dovrei essere qui, non sò come ci sono arrivato e peggio ancora non ho fatto niente per arrivarci!"

Mi guardò con due occhietti maliziosi e poi aggiunse " Mi chiamo Sisur e abito questi luoghi da più di quattrocento anni e non mi stanco mai di guardarli, perchè ogni giorno sono sempre diversi! Oggi è il giorno della Luna che sorride, per questo tutto è così tranquillo.....Sei stato fortunato! Non importa se non mi hai voluto dire chi sei, avrai i tuoi buoni motivi! Una cosa è certa, però,  se sei qui, un motivo ci sarà! Puoi dirmi almeno quanti anni hai?"

Un pò stordito, risposi "Ho settant' anni, e non li porto neanche bene! E poi....."; era inutile parlarle dei miei malanni!

Battè le mani come una bambina: "Settant'anni, ma allora sei un bambino! Avrai anche fame, i piccoli hanno sempre bisogno di nutrirsi." A questo punto fà il gesto più bello del mondo, quello di una madre nell'atto di scoprirsi il seno per allattare.....

Riuscii a fermarla in tempo: "no, grazie, non ho fame; ho mangiato poco fà" Ci rimase un pò male, ma fece finta di niente.

Per rompere un pò il ghiaccio, le chiesi: "Non hai paura di stare quì tutta sola? Ho letto che nel mondo dei folletti circolano strane creature,  incroci fra serpenti e  draghi..."

"Ah, ah ma di cosa stai parlando?  Quelle strane creature, come le hai chiamate tu, esistono solo nelle favole che gli esseri umani della Grande Terra hanno inventato per esorcizzare le loro paure....Ora ho capito, tu sei un essere umano: la tua statura mi aveva messo fuori strada....però il sospetto l'avevo avuto! Chiariamo subito due cose: uno, non sono una folletta, per tua fortuna! ma una gnoma; due, quì non sono sola!" "insieme a me vivono altri due gnomi, dall'altra parte della fontana, ecco perchè non ti eri accorto della loro presenza!"

Guardai verso il punto indicatomi da Sisur e vidi, semi nascosti dalla vegetazione, due gnomi: portavano il cappello a punta e per il resto erano vestiti come due gnomi. Uno, quello che mi sembrò piu avanti negli anni, aveva fra le braccia una spiga di lavanda,  come quella di Sisur, e l'altro, sicuramente più giovane teneva vicino al viso un mazzetto di fiori bianchi. Nonostante fossero distanti, fui colpito dall'espressione del giovane gnomo: il suo sguardo era assente anche se esprimeva una profonda tristezza e un dolore senza speranza quasi una morbosa malincolia.

"Chi sono ?" chiesi a Sisur.





"Quello con la lavanda fra le braccia si chiama Kenus e l'altro, il più piccolo, ha meno di duecento anni, quello vicino al cigno, si chiama Tilin ed è il figlio di Kenus. "Sono arrivati in questo posto un pò di tempo fà provenienti da un villaggio, nella foresta di *Komi. Trovarano il posto di loro gradimento e mi chiesero se potevano fermarsi. Fui ben felice di avere compagnia e fu l'inizio di una bellissima amicizia. "Passavamo i nostri giorni a correre e nuotare nudi nel lago e poi, durante i plenilunei, ci raccontavamo le storie del Piccolo Popolo, le nostre storie, e le leggende di altre creature che vivono lontane dai boschi: storie terribili di esseri che, figurati, per essersi allontanate dalla Grande Madre, stanno rischiando di perdere il dono più prezioso: la Fantasia".










"Passavano gli anni, i lustri (non sò quanti) e il tempo scorreva veloce, è sempre così quando si è felici! Ma un giono accadde qualcosa che non doveva accadere: il piccolo Tilin, che nel frattempo era cresciuto, cominciò a guardarmi in maniera diversa, non voleva più giocare insieme a noi ed era infastidito se Kenus mi guardava con tenerezza o mi usava delle gentilezze. Era chiaro, noi donne queste cose le percepiamo prima di voi, Tilin si stava innamorando di me e ciò era terribile perchè questo rischiava di rovinare il sodalizio che si era creato fra noi! Parlammo a lungo, ma fu inutile! Negava l'evidenza dei fatti ed ogni giorno che passava, diventava sempre più taciturno e scontroso."








Questa storia mi aveva fatto diventare triste ma mi aveva distolto dal mio problema: mi trovavo in un luogo sconosciuto, vittima di un sortilegio, eppure tutto questo era passato in secondo piano! La storia di quelle tre creature mi aveva fatto dimenticare tutto il resto!

"Cosa accadde dopo?" chiesi.

"Kenus cercò di convincere il figlio a ritornare presso il loro villaggio. Ma fu inutile, Tilin, ormai chiuso nelle spire dei suoi pensieri, era diventato prigioniero di se stesso e di questo luogo. Io, causa involontaria di questo dramma, mi ritirai in questa parte della fontana e, da quel momento, i giorni felici furono soltanto un ricordo! Ormai sono passati diversi anni e le stagioni del Tempo si susseguono eguali a se stesse."

Sinceramente addolorato, incapace di pensare ad altro, le chiesi con dolcezza: "Sisur, sono pieno di problemi, ho perso ogni contatto con il mio mondo e la strada di casa, forse per sempre, ma se posso fare qualcosa per te, per voi, dimmelo!"

Sisur, mi guardò con i suoi occhietti furbetti, accennò un sorriso e poi avvicinandosi, mi parlò a lungo, ad un orecchio...concluse dicendo: "da me questo discorso non l'accetterebbe!".  Seppi così quello che dovevo fare!

Saltellando da un sasso ad un altro e compiendo peripezie d'ogni sorta, mi portai accanto a Tilin e dopo aver chiesto il permesso (senza ottenere risposta), mi sedetti al suo fianco. Dapprima sembrò non accorgersi della mia presenza ma dopo un pò mi guardò (i suoi occhi esprimevano pienamente ciò che l'anima nascondeva: il baratro dove si era perso) e mi domandò: "Chi sei, quale mondo ti ha partorito?" Ed io, seguendo il copione suggeritomi da Sisur: "Sono un vecchio saggio e conosco il futuro perchè nel mondo da dove provengo è tutto già accaduto! I vestiti che indosso, così diversi dai tuoi, ne sono una prova!" Non sò con quale faccia tosta dissi tutto questo, ma era per una buona causa!

"Tilin, io conosco il tuo problema, è vecchio come il mondo, e ha un nome semplice: amore non corrisposto! Ma in questo caso, la sostanza è ben diversa! Forse non sai che anche Sisur si era innamorata di te e questo amore, che la stava coinvolgendo con tutti i sensi, le ha fatto paura! " Non ero sicuro che Tilin avesse compreso pienamente anche se una luce si accese nei suoi occhi quando pronunciai il nome di Sisur. Che tenerezza!

Continuai: "Si caro Tilin, Sisur ha avuto paura ma non per lei ma per te! Tu sai che lei è molto più vecchia di te e anche voi, gnomi, non siete immortali. Sai anche che se uno di voi dona il suo cuore, è per sempre! E cosa ne sarebbe stato di te dopo che Sisur avesse abbandonato questo mondo? Avresti potuto continuare a vivere, per due, trecento anni ancora senza di lei? Te lo sei mai chiesto? Forse tu no, ma lei sì.....Per notti e notti,nel silenzio di questo luogo fuori dal tempo, ha continuato a pensare a questo e alla fine, per il tuo bene, per l'amore che nutriva, ha sacrificato il sentimento che la stava legando a te e ha deciso di lasciarti libero...."
Mentre recitavo il soggetto che Sisur mi aveva suggerito, mi sono chiesto più volte: è pura invenzione? o Sisur si era veramente innamorata di Tilin e si era sacrificata per amore, quello con la "A" maiuscula? Le donne sono capaci di tutto questo!
Le mie parole devono aver fatto effetto sulla mente del giovane perchè, dopo avermi guardato intensamente, i suoi occhi brillarano nuovamente, come se la vita fosse ritornata in lui.

"Grazie" mi disse "ora ho capito! Ritornerò con mio padre a casa, nel mio villaggio, portando per sempre nel mio cuore il ricordo di questo luogo incantato e gli occhi di Sisur..."  Poi, in uno slancio di affetto incontrollabile mi abbracciò con forza, come solo i giovani sanno fare, ed io, già traballante, persi l'equilibrio e finii in acqua......

"Oh Dio, non so nuotare, annego !!!!"

A questo punto, sentii la voce di mia moglie che, scuotendomi delicatamente, mi diceva: "svegliati, Franco, stai solo sognando...."

 Ancora oggi, a distanza di mesi, mi chiedo ancora, ma è stato veramente un sogno?

Comunque stiano le cose, a volte non posso fare a meno di pensare a lei:

"Ciao, Sisur, ovunque tu sia .......mia dolce creatura, ti porterò sempre nel mio cuore!"










* Nota: La foresta di Komi

(ASMA) – Kirov, 1 Apr – Sensazionale scoperta nei boschi della foresta vergine di Komi, nell’omonima Repubblica della Federazione Russa.

Secondo quanto riferito dall’agenzia di stampa russa Notizija, due giovani residenti nella cittadina di Sytkyvkar, capitale della Repubblica, che si erano recati nella foresta di Komi per un’escursione, hanno dichiarato di avere incontrato alcuni umanoidi dell’altezza di circa 40-50 centimetri, vestiti con abiti medioevali e parlanti un’idioma simile al russo arcaico.

I misteriosi ometti si sono velocemente allontanati, ma i due coraggiosi escursionisti li hanno seguiti fino a una radura nascosta, dove hanno trovato un intero villaggio abitato da esseri simili a quelli incontrati precedentemente.

Gli ometti, che i due giovani escursionisti non hanno esitato a definire come “gnomi”, gli si sono avvicinati dimostrandosi amichevoli, hanno riferito che vivono da secoli separati dagli uomini, che però seguono tenendosi a debita distanza.  GLI gnomi hanno parlato anche di un terribile pericolo incombente sulla razza umana, dicendosi disponibili a rivelarlo solo al Premier russo Putin in persona oppure al Pope ortodosso di Mosca.

Le dichiarazioni dei due giovani sono state giudicate attendibili dal prof. Kratotkev, criptozoologo dell’università di Kirov, che ha ricordato come questa scoperta viene dopo i ritrovamenti di resti dell’homo floreniensis in Indonesia e dimostra che la specie di ominidi di cui parlano innumerevoli leggende nel mondo esiste veramente.  Secondo il prof.  Kratotkev il ripetersi di avvistamenti, come questo di Komi o quello famoso nella provincia di Salta, in Argentina, forse dimostra  che davvero i misteriosi ominidi, si tratti di gnomi, elfi o folletti, hanno un importante messaggio da trasmettere all’umanità.

L’ufficio stampa del premier russo non ha rilasciato dichiarazioni su un eventuale incontro con quelli che sono già stati ribattezzati gli gnomi di Komi, che peraltro hanno espressamente precisato di non essere invece interessati a un incontro con il Presidente Medvedev.



martedì 15 novembre 2011

Intorno alle... libertà!

                                                       



La prima parola del motto repubblicano, Liberté fu all'inizio concepita secondo l'idea liberale. La Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino (1795) la definiva così: «La libertà consiste nel potere di fare ciò che non nuoce ai diritti altrui». «Vivere liberi o morire» fu un grande motto repubblicano. Sotto il governo di Maximilien de Robespierre, detto del Terrore (Terreur), divenne famoso il motto: «Nessuna libertà per i nemici della libertà».
Con l'avvento del Regime del Terrore, imposto da Robespierre, il motto "Liberté, Égalité, Fraternité" fu talvolta scherzosamente  modificato in "Liberté, Égalité, Fraternité, la Mort", alludendo all'ambiguità con la quale operava la Convenzione in quel periodo.
L' impero di Napoleone Bonaparte affossò completamente questi ideali: milioni di morti che trasformarono l'europa in un cimitero e tutto questo solo per il conseguimento di un potere personale, con buona pace di questi ideali seppelliti insieme ai morti.

La restaurazione diede il colpo di grazia, si deve arrivare alle Costituzioni del  1946 e 1958 che riconoscono il valore che il triplice motto ha per la storia della Francia, e da quel momento Liberté, Égalité, Fraternité rappresentano un valore così grande da travalicare i confini di quel paese. Ma in questo intervallo temporale assistiamo al nascere, in Europa, di tre regimi dittatoriali che, quasi contemporaneamente, soffocarono brutalmente tutti e tre gli ideali di libertà, eguaglianza e fraternità. La storia dell'evolversi di questi tumori è troppo nota per essere raccontata e alcuni danni che hanno prodotto fanno ancora parte della storia di oggi; un esempio per tutti, la questione palestinese ancora aperta!
Ancora oggi, nonostante gli sforzi di tutti gli organismi internazionali preposti a fare rispettare questi tre principi, la loro attuazione è solo un'utopia. Fino a quando l'uomo non comprenderà pienamente e farà suo il principio di libertà, il primo, gli altri sono conseguenziali, e fino a quando non sarà pronto a sacrificare anche la sua vita stessa perché venga rispettato, le ingiustizie, le prevaricazioni sui più deboli non cesseranno di macchiare di sangue il nostro pianeta azzurro, la nostra madre Gea.
Fino a questo momento ho parlato di libertà nel campo dei diritti umani e sociali del singolo e dei popoli, in quanto aggregazioni di singoli individui e temo, che fino a quando anche l'ultimo dei diseredati non avrà ben chiaro dentro di se il principio che la libertà è sacra per tutti, non vi potrà essere vera libertà perché i governanti, se non pungolati dal basso, tenderanno sempre a distorcere e a piegare ai propri interessi il significato del termine LIBERTA'.
Ma esiste un'altra libertà, quella spirituale, che può prescindere dalla prima, la libertà fisica (si può essere liberi interiormente anche in catene), e che può realizzarsi solo se l'uomo troverà in se stesso quella forza interiore che lo sosterrà e se sarà disposto a mettere in gioco tutto il suo essere nel suo complesso. Uno di questi esempi di ... innamorati della libertà è rappresentato dalla figura di un libero pensatore, Jiddu Krishnamurti che fu pronto a rinunciare ai privilegi di un avatar all'interno della società teosofica per affermare il  diritto alla sua libertà interiore, rifiutando qualsiasi tipo di condizionamento.




Per Krishnamurti, la società teosofica aveva creato l'Ordine della Stella quando Krishnamurti aveva appena 16 anni -, una sorta di congregazione all’interno della società teosofica per preparare il mondo all’avvento del Maestro.
Però già a vent’anni Krishnamurti si sentiva in realtà una sorta di burattino nella mani della società teosofica. A trent’anni muore il suo fratello Nitya, l’amico inseparabile. E questo fece dubitare Krishnamurti dell’effettiva protezione da parte dei Maestri invisibili. Per di più all’interno dell’Ordine della Stella si stavano facendo avanti delle tensioni, dei tentativi, da parte di alcuni, di attribuirsi delle responsabilità di prestigio dentro questo movimento.
Insomma il trent’enne Krishnamurti era quasi al limite di sopportazione di questa situazione. Già in un discorso del ’26, a Ommen, in Olanda, disse che non voleva fare la parte dell’autorità che avrebbe liberato tutti, che chi lo credeva si sbagliava. Tre anni dopo, nel 1929, all’età di 34 anni, fece sempre a Ommen, in Olanda, davanti a 3000 seguaci, il suo discorso dello scioglimento dell’Ordine della Stella, dimostrando di avere un coraggio incredibile: lasciare una vita di privilegi che avrebbe condizionato la sua libertà, per un'altra vita piena di incertezze. Il suo discorso si concentrò particolarmente sul concetto di libertà! Qui di seguito i passi più importanti:
“Ritengo che la Verità sia una terra senza sentieri e che non si possa raggiungere attraverso nessuna via, nessuna religione, nessuna scuola. Questo è il mio punto di vista, e vi aderisco totalmente e incondizionatamente”
“La fede è qualcosa di assolutamente individuale, e non possiamo e non dobbiamo istituzionalizzarla”
“L’organizzazione diventa uno schema in cui i membri trovano la loro collocazione. Non si ricerca più la Verità, non si mira più alla vetta, ma ci si scava una comoda nicchia in cui collocarsi o in cui farsi collocare dall’organizzazione, pensando che sarà l’organizzazione a condurci alla Verità. A mio parere, questo è il primo motivo per cui l’Ordine della Stella va sciolto”
“io non voglio seguaci e lo sottolineo. Nel momento stesso in cui si segue qualcuno non si segue più la Verità.”
“Il mio interesse va a un’unica cosa essenziale: la liberazione dell’uomo. Desidero liberarlo da tutte le sue gabbie e tutte le sue paure, e non dargli una setta o una religione in più, non formulare nuove teorie o nuove filosofie”
“ho un unico scopo: rendere l’uomo libero, spingerlo verso la libertà, aiutarlo a staccarsi da tutti i limiti, perché soltanto ciò può dare eterna felicità, soltanto ciò può dare la realizzazione incondizionata del sé”
“il mio desiderio è che coloro che cercano di capirmi siano liberi e non che mi seguano o che mi trasformino in una gabbia per ricavarne un’altra religione o un’altra setta. Al contrario, vorrei che fossero liberi da ogni paura: dalla paura della religione, dalla paura della salvezza, dalla paura della spiritualità, dalla paura dell’amore, dalla paura della morte, dalla paura stessa della vita.”
“voglio che l'uomo sia libero, gioioso come un uccello nel cielo splendente, sgravato, indipendente ed estatico nella sua libertà.”
“Un giornalista che mi ha intervistato considera un gesto meraviglioso sciogliere un’organizzazione che conta migliaia di membri. Un grande gesto perché, come mi disse: "Che cosa farà adesso, come vivrà? Non avrà più seguaci e nessuno verrà più ad ascoltarla". Se vi saranno anche solo cinque persone che vogliono ascoltare, che vogliono vivere con il viso rivolto all’eternità, sarà sufficiente”
E conclude dicendo: “Potete costituire un’altra organizzazione e aspettare qualcun'altro. Non mi interessa, così come non mi interessano le gabbie, né nuove decorazioni per le gabbie. Il mio unico scopo è rendere l’uomo totalmente, assolutamente libero.”

Quello che ho esposto fino ad ora rappresenta due aspetti, del medesimo concetto di libertà, che in apparenza possono sembrare diversi. Nel primo caso si tratta di un principio di libertà che coinvolge l'uomo inteso come membro di una società civile, con regole e leggi da rispettare che possono mutare in funzione del modello di società che le applica. La schiavitù dei negri, in america, fino al 1863 era legalizzata! Questo è solo un esempio!

Ma esiste un concetto più ampio di libertà che va al di là di quella fisica dell'individuo, anche se la comprende, perché considera l'uomo nella sua molteplicità (corpo e anima) : verso questa libertà deve tendere il superuomo, cioè l'uomo che vuole superare se stesso.

domenica 13 novembre 2011

Un libro per capire lo ZEN

Sto cercando umilmente di capire la vera essenza dello Zen. Un'impresa molto ardua. Più cerco di addentrarmi e più mi accorgo di entrare in un dedalo e sono alla disperata ricerca del mio filo di Arianna.
Sto leggendo un libro scritto da tre occidentali e Maurice Béjart ne ha curato la prefazione che mi ha colpito profondamente per la sua semplicità (apparente) e per l'approccio nei confronti dello Zen.



Voglio condividere questa prefazione con voi senza aggiungere niente di mio.







PREFAZIONE AL LIBRO “ZEN” edizione excelsor 1881





Sono in equilibrio sul naso! Cadrò? Equilibrio... movimento immobile, immobilità

dinamica, funambolo del mio respiro, osservo I'andirivieni del soffio

che mi entra dentro e torna a uscire da me. Io... chi? Questo insieme provvisorio

di sensazioni, di emozioni, di digestioni, di circolazioni, questo balletto

atomico di particelle instabili, vecchie e nuove, in continuo mutamento. Io...

quel libro letto ieri, quello sguardo incrociato stamattina in metropolitana,

quell'emicrania (angoscia o alimentazione sbagliata), quel ricordo di un bambino

di cui porto ancora il nome o di un adolescente timido che fu chi? Mio

fratello, mio figlio, un mio antenato oppure il riflesso di un ricordo lontano

che identifico con un me qualunque.

Sono in equilibrio sulla punta del mio naso! Everest delle nostre illusioni,

vertigine di quel divenire eterno che fece dire a Faust-Goethe: "Fermati,

istante, sei così bello!"  ln equilibrio, qui e ora, l'istante, la sola possibilità di

intravedere ciò che pomposamente chiamiamo I'eternità.

lnvertiamo il movimento di una locomotiva, capovolgiamo le parole (hanno

forse un senso?), il naso diventa Zen(1) e io respiro il profumo dell'incenso

che Taisen Deshimaru bruciò nella mia camera quando lo vidi per I'ultima

volta... qualche anno fa, qualche secondo fa, nella mia camera a Bruxelles,

dove abitavo all'epoca... La gioia per la sua visita e la reciproca consapevolezza

che quell'incontro sarebbe stato l'ultimo.



1-Gioco di parole tra la grafia di nez (naso) in francese e la grafia rovesciata di Zen. [N.d.L]





Non sapevo cosa fosse ridere prima di conoscere Deshimaru, non sapevo

cosa significasse guardare, toccare, camminare, sentire, dormire, accarezzare

un gatto, seguire il volo di una piuma nell'aria, respirare o stare in equilibrio

sulla punta del naso.

Abbiamo, noi i presunti civilizzati, capovolto i valori; forse c'è ancora

tempo per ritrovarsi, con un secco starnuto, dall'altra parte; dopotutto può

darsi che I'Everest non sia altro che un pozzo di 8.848 metri di profondità,

e il mio naso nient'altro che la chiave del mio Zen.

Non posso spiegare niente perché non so niente, tranne che in caso di

emergenza Deshimaru è accanto a me e si mette a ridere. Vi consiglio di non

prendere sul serio questo libro. Merita molto di più, merita il vostro amore,

la vostra disponibilità totale e la vostra assenza di limiti.

Io... chi? Non lo so. Grazie Taisen, dalla mia anima alla tua anima.

Maurice Béjart





Nota:Questo libro è dedicato al Maestro Taisen Deshimaru







Biografia del Maestro Taisen Deshimaru


Diventò, negli anni trenta, discepolo laico di Kōdō Sawaki, abate di Antaiji e uno dei monaci zen più significativi del Giappone del XX secolo. Sawaki nel suo insegnamento insistette particolarmente sull'importanza della pratica di zazen e fu tra coloro che favorirono l'accesso alla pratica da parte dei laici, organizzando, quasi ogni mese e per alcuni decenni, sesshin (periodi di solo zazen) in numerosi monasteri e templi.
Taisen Deshimaru continuò a condurre una vita secolare pur seguendo l'insegnamento del suo maestro finché, ricevuta nel 1965 l'ordinazione a monaco, due anni dopo la morte del suo maestro nel 1967 si recò in Europa a Parigi dove, con estrema povertà di mezzi, per guadagnarsi l'indispensabile occorrente per vivere, iniziò nel retrobottega di un negozietto di macrobiotica a praticare dapprima lo "Zen-Shiatzu", di cui era ottimo conoscitore, a coloro che si rivolgevano a lui per questa pratica e successivamente iniziò ad insegnare lo Zazen ed a divulgarlo fra gli occidentali, che non conoscevano ancora questa "Via spirituale" di meditazione se non attraverso i pochi libri esistenti sull'argomento.
Poco tempo dopo, negli anni settanta, la sua missione iniziò a prendere respiro: nel 1974 ricevette la trasmissione del Dharma dal maestro Yamada Reirin, superiore del monastero Eihei-ji. Nel 1980 diventò kaikyōsokan (Direttore dell'Ufficio Zen Sōtō giapponese)[1] in Europa. Creò un centinaio di dōjō e gruppi di zazen ripartiti sui quattro continenti e fondò, nel 1979, il primo grande Tempio d'Occidente alla Gendronnière (vicino a Blois). Alcuni anni prima (1970) aveva fondato l'Association Zen Internationale (AZI). La sua opera, aiutato dai suoi discepoli, venne divulgata anche attraverso numerosi libri e diverse pubblicazioni periodiche. Stabilì anche eccellenti rapporti con scienziati, artisti, terapeuti di ogni paese e contribuì molto all'avvicinamento Oriente-Occidente, che considerava una delle grandi speranze della nostra epoca; con l'introduzione dello zen nella nostra cultura, sperava di aiutare l'umanità a superare la crisi che attraversa.
Taisen Deshimaru è deceduto il 30 aprile 1982, lasciando ai suoi discepoli l'essenza del suo insegnamento e la missione di trasmettere a loro volta la pratica dello zazen.
Deshimaru, però, morì senza aver iniziato nessuno dei suoi discepoli europei alla trasmissione del Dharma (conferimento dello shihōsuccessivamente alla sua morte per opera di alcuni esponenti del lignaggio "Zen Sōtō" giapponese, che provvidero al conferimento dello shihō ad alcuni suoi discepoli.

Fra questi il monaco italiano Fausto Taiten Guareschi nel 1983 ricevette lo shiho da Narita Shuyu, abate del Tempio Todenji in Giappone, e nel 1984 il francese Roland Yuno Rech ricevette lo shiho da Niwa Renpo Zenji, superiore del Tempio di Eihei-ji (tempio fondato nel XIII secolo da Eihei Dōgen).
Uno dei primi e certamente tra i più importanti seguaci di Deshimaru, fu il filosofo e scrittore francese François-Albert Viallet. I due si incontrarono a Parigi poco tempo dopo l'arrivo di Deshimaru in Europa. Il loro rapporto, però, si interruppe bruscamente nel 1972 quando François-Albert Viallet, nonostante la netta opposizione di Deshimaru, si recò ad Antaiji, in Giappone. Il motivo della rottura risiede nel fatto che, in quell'occasione, Viallet apprese che Deshimaru non era stato "inviato" in Europa da Sawaki Kōdō ed era privo di autorizzazione ad ordinare monaci (non ostante le numerose ordinazioni da lui già effettuate). Questa autorizzazione la ottenne infatti solo 7 anni dopo il suo arrivo in Europa, nel 1974, quando dal rev. Yamada Reirin, abate del monastero Eihei-ji, ricevette la trasmissione del Dharma, o shihō, cerimonia in base alla quale Deshimaru poté conferire ordinazioni. Fu lo stesso Yamada Reirin a proporlo alla carica di kaikyōsokan. Viallet, deluso dalle notizie apprese, lasciò Deshimaru e divenne discepolo di Kōshō Uchiyama, successore di Sawaki quale abate di Antaiji, entrando a far parte di quella comunità monastica.[2].
Un'altra relazione che ebbe importanti ripercussioni sull'attività di Deshimaru in Europa fu quella con Gérard Blitz, fondatore del Club Méditerranée, il quale per un periodo fu discepolo di Deshimaru contribuendo finanziariamente ai suoi progetti, per tornare poi al suo interesse principale: la pratica e l'insegnamento dello yoga[3].



da Wikipedia


La saggezza del Kama Sutra





PREMESSA






Prima di parlare del Kama Sutra, mi sembra utile iniziare col  riportare la prefazione di un libro di Deepak Chopra che  è medico Endocrinologo indiano, ma si è formato e pratica negli Stati Uniti. La sua metodologia unisce le più avanzate scoperte scientifiche nel campo della fisica quantistica e della Psico-Neuro-Immunologia con le millenarie tecniche e conoscenze della medicina Ayurvedica indiana.


Deepak Chopra è conosciuto in tutto il Mondo per aver proposto un nuovo paradigma che ha rivoluzionato la saggezza comune nel campo della connessione tra mente, corpo, spirito e salute. Ha letteralmente trasformato la nostra comprensione del significato di salute. Il suo lavoro ha tracciato nuove vie per liberare l'incredibile potenziale che risiede dentro tutti noi e che ci porta verso il benessere fisico, emozionale, spirituale, mentale e sociale.
Ha stabilito il principio fondamentale che la salute perfetta non è soltanto assenza di malattia, ma bensì uno stato vitale di equilibrio e integrazione di corpo, mente e spirito, favorendo obiettivi ispirati e al tempo stesso realistici per vivere delle esistenze più significative, armoniose e soddisfacenti.  










IL LIBRO DI DEEPAK CHOPRA



La strada verso il Kama Sutra. Una guida alla saggezza del corpo Autore Deepak Chopra



Classico della letteratura erotica, antichissimo condensato della saggezza indiana, per alcuni "manuale d'amore" introdotto più o meno furtivamente in camera da letto, per altri opera scandalosa e moralmente inaccettabile, il Kama Sutra è stato interpretato in modi molto diversi nel corso del tempo. A distanza di secoli dalla sua apparizione, Deepak Chopra ne propone una personale e innovativa lettura, valorizzandone la natura spirituale e presentandolo come fonte di insegnamenti sorprendentemente moderni. Accompagnando il lettore in un percorso che si snoda da una nuova traduzione del testo originale agli aforismi sull'eros e l'amore, dalla rilettura del rapporto tra il piacere e l'anima alle Sette leggi spirituali dell'amore, Chopra indica la via per accedere a quello che considera il messaggio più profondo e spesso ignorato del Kama Sutra. L'erotismo - tappa fondamentale ma non esclusiva per realizzare l'equilibrio perfetto tra i quattro valori che dovrebbero ispirare la vita di ciascuno - viene elevato a esperienza mistica per eccellenza, momento sacro di fusione con Dio e di completamento reciproco.



STRUTTURA DELL'OPERA




Il Kama Sutra contiene un totale di 64 posizioni sessuali anche rappresentate. hanno diversi nomi, come ad esempio quelli degli animali o delle azione degli animali. Vatsyayana credeva che ci fossero otto modi di fare l'amore, moltiplicati per otto posizioni per ognuno. Nel libro queste sono note come le 64 Arti. Il capitolo che elenca le posizioni è il più famoso e per questo è spesso scambiato per l'intera opera.
Tuttavia, solo circa il 20 per cento del libro è dedicato alle posizioni sessuali. Il resto è una guida su come essere un buon cittadino e parla delle relazioni fra uomini e donne. Il Kama Sutra descrive il fare l'amore come un'unione divina. Vatsyayana credeva che il sesso in sé non fosse sbagliato, a meno che non lo si facesse frivolmente. Il Kama Sutra ha aiutato le persone a godere dell'arte del sesso in maniera più profonda e può essere considerato una guida tecnica al godimento sessuale , oltre a provvedere ad una descrizione dei costumi e delle pratiche sessuali dell'India di quei tempi.
Il Kama (in sanscrito piacere o benessere) non è infatti percepito come un peccato, ma è uno dei quattro scopi della vita (purushartha).



CARATTERI FONDAMENTALI DELL'0PERA

Si tratta di un'opera messa per iscritto in India in un periodo imprecisato fra il III e il V secolo d.C., l'autore viene indicato in Vatsyayana Mallanaga, anche se non se ne ha la certezza.


Il fine  dell'opera è quello di trattare dell'amore che viene posto al terzo posto nella scala dei valori del "trivarga": al primo posto vi è il rispetto di Dio e della morale e al secondo la cura degli affari. Il Kamasutra vuole  trattare dell' armonia e della felicità nel pieno rispetto della morale, della vita sociale ed economica, nulla da vedere con amori turbinosi che distruggano le leggi morali e la società.


L'opera del Kamasutra anche se scritta per tutti, si rivolge particolarmente alle ragazze che si apprestano al matrimonio. Notevole è che vengono poste sullo stesso piano sia le esigenze sessuali maschili che quelle femminile.


L'opera fu tradotta in inglese alla fine dell'800 ma recentemente è stata fatta una nuova traduzione dall'originale che, si dice, sia più fedele all'originale  in quanto non più legata ai pudori dell'età vittoriana.





Posizione Yin e Yang



La struttura dell'opera è stata già descritta in precedenza e da questa si evince che si tratta fondamentalmente di un libro moralmente e socialmente  utile per la società indiana del tempo, purtroppo in occidente, delle sette parti che compongono il Kamasutra l'interesse maggiore si è concentrato sulla seconda parte che parla del modo di trarre piacere dall'amore e delle famose posture. Pruderie tipicamente occidentali frutto di una morale cristiana, cattolica e protestante, che hanno visto nel sesso solo un tabù anziché coglierne uno degli scopi fondamentali, che non è solo quello della procreazione, ma il rapporto reciproco di due esseri che sono espressione delle due forze primordiali dell'universo: Yin e Yang. La teoria Yin-Yang è molto antica ed è considerata dai filosofi cinesi la base dell'universo. Yin e Yang costituiscono infatti veri e propri emblemi della dualità fondamentale esistente in ogni parte del cosmo.


                                LA CONGIURA DE SILENZIO


 Nella civiltà orientale abbiamo una chiara esplicitazione degli aspetti sessuali dell'amore, nella civiltà occidentale invece abbiamo quella che in tempi recenti è stata definita la "congiura del silenzio": gli aspetti propri della sessualità vengono taciuti, avvolti nel silenzio. In genere l'atto sessuale non viene indicato esplicitamente ma con un eufemismo: giacere, stare a letto, stare insieme, conoscere (termine biblico) e infiniti altri modi più o meno allusivi che assumono un significato sessuale solo dal contesto del discorso. Il grado di silenzio varia a seconda le epoche: nel mondo greco era meno accentuato che in quello romano, in genere nel mondo classico meno forte che in quello cristiano, e contrariamente a quello che generalmente si crede, nel medioevo si era molto più espliciti che in età moderna. Forse l'età di maggiore censura è l'Ottocento nella così detta Età Vittoriana. Abbiamo quindi una notevole varietà di situazioni; tuttavia anche nelle epoche più "liberali" operava una rigida censura: esempio nei miti greci tante situazioni erotiche che scandalizzarono fortemente i cristiani ma in effetti non abbiamo mai descrizioni di atti sessuali. Vero è che non mancano pitture di atti sessuali ma solo in luoghi destinati probabilmente a tale scopo, come ad esempio nei lupanari (le case di tolleranza nell'epoca romana, come si può vedere nelle pitture di Pompei).


Diversa la situazione in Oriente: la tendenza generale non è quella di nascondere i particolari dell'atto sessuale che vengono raffigurati non solo nei lupanari ma anche nei templi: inimmaginabile una cosa del genere in una chiesa cristiana.


                     LA MOGLIE IN ORIENTE E IN OCCIDENTE


Nella civiltà occidentale il comportamento della moglie doveva essere improntato alla "pudicizia". Il modello prevalente della donna imponeva che essa dimostrasse  disinteresse al rapporto sessuale in sè, che presentasse sempre una certa resistenza, una certa riluttanza. Se acconsentiva al rapporto sessuale deve mostrare che non era per il piacere che gliene poteva derivare ma per amore o per dovere o per il desiderio di maternità. I riti antichi del matrimonio (come quelli romani) che simulavano il ratto avevano probabilmente questo senso: la sposa non vorrebbe lasciare la casa paterna, ha paura del rapporto con l'uomo ma deve cedere alla forza.


In questo contesto la donna non doveva essere e soprattutto mostrarsi esperta nella sessualità. La moglie "onesta" si abbandonava  semplicemente ai desideri del marito, essere esperta nell'arte di amare era cosa da prostituta. E infatti solo ad esse veniva insegnata questa arte.


Talvolta le conseguenze potevano essere molto spiacevoli: qualche marito si sentiva insoddisfatto delle propria sposa, casta e virtuosa ma fredda e trovava soddisfazione invece in donne molto meno virtuose ma tanto più esperte: ciò fece la fortuna delle etere greche, delle cortigiane rinascimentali, delle "mantenute"dell'800. A volte l'uomo veniva a sentirsi come diviso fra due donne: la moglie virtuosa che stimava e che metteva su un piedistallo ma da cui non si sentiva attratto e l'amante che disprezzava e che metteva nel fango ma che lo attraeva irresistibilmente (la donna fatale, la rovina famiglia, la divoratrice di uomini delle cui figure è piena la letteratura occidentale).


L'atteggiamento delle donne in Oriente era molto diverso. Una sposa doveva innanzi tutto essere in grado di attrarre il marito, era una questione prioritaria, il suo primo e fondamentale compito. Una moglie non in grado di soddisfare il proprio marito era una donna fallita, non poteva sperare nulla dalla vita matrimoniale.


Il problema era acuito dalla poligamia. Nel mondo mussulmano esiste anche la poligamia ma ognuna delle mogli è protetta (almeno in teoria) dal precetto coranico che ognuna delle spose deve essere trattata allo stesso modo anche nel campo dell'intimità. Ma in Oriente vi era una gerarchia fra le mogli: il marito sceglieva e si lasciava influenzare da quella che conquistava maggiormente il suo amore o, più concretamente, da quella che gli dava maggiore soddisfazione.


La moglie occidentale era protetta dalla sua unicità, le altre non potevano essere "donne" ma solo "donnacce".  In Oriente essa doveva battere la "concorrenza"sempre più accanita con il salire della scala sociale e il conseguente aumento del numero delle mogli concorrenti.


In Occidente per essere una buona moglie bastava la castità, in Oriente invece non era sufficiente, bisognava essere innanzi tutto una buona amante.


Va notato che in Oriente anche l'uomo doveva imparare l'arte di amare per dare soddisfazione alla propria sposa. In Occidente invece l'uomo non sentiva affatto questo dovere: la sessualità sembrava un fatto proprio di pertinenza maschile, in questo campo nulla era dovuto alle donne e nulla era da loro richiesto.


Anzi fino a tempi recenti molti supponevano che una donna non provasse alcun piacere particolare dalla sessualità: gli uomini facevano l'amore per il piacere, le donne solo per dovere o per calcolo, provar piacere era cosa da sgualdrina.


Nessuna obiezione quindi al matrimonio fra ragazze giovanissime e vecchi decrepiti: date le premesse sembrava cosa perfettamente " normale".


Sia in occidente che in oriente veniva richiesta la verginità ma in occidente la fanciulla doveva arrivare al matrimonio senza nessuna conoscenza del sesso, in oriente invece questa conoscenza era fondamentale, di conseguenza l'educazione delle fanciulle era completamente diversa. La prima non doveva mai parlare di sesso perché si chiedeva ad essa una totale ingenuità e non doveva essere sfiorato l'argomento sessuale perché non si conveniva ad una ragazza di buona famiglia. Mentre in oriente la fanciulla era preparata fin da giovanissima ad esser una brava donna di casa ma principalmente di essere una amante esperta.



L'ideale dell' amore in occidente è mutato nel corso dei secoli ma  la situazione femminile è sempre stata  idealizzata: passando dal periodo classico durante il quale la donna era vista come madre (i figli intesi come gioielli da Cornelia) a quello dell'amor cortese (Beatrice nell'ideale di Dante), fino ad arrivare all'amore romantico, massima idealizzazione della figura femminile vista come una eroina che poteva essere oggetto solo di sentimenti profondi, infiniti ed eterni. Ed è specialmente in questo periodo che la censura nei riguardi del sesso diventa più esasperata.




In oriente invece l'amore romantico non è mai esistito in quanto ogni espressione d'amore fra un uomo e una donna si concretizzava solo nell'atto sessuale, che era insieme atto di amore e sessualità, infatti il termine Kama può essere tradotto sia come amore che come piacere.  
     
                          LO STUPORE PER IL KAMA SUTRA


I rapporti fra Oriente e Occidente sebbene ebbero inizio prima del 500, solo nell'800 si trasformarono, in epoca colonialista, in rapporti culturali ed economici.E gli occidentali si trovarono catapultati in una realtà spesso per lo inconcepibile.Per esempio, vi immaginate lo stupore di una Lady dell'epoca vittoriana che vede scolpiti in un tempio indù scene esplicite di un rapporto sessuale? Avrà sicuramente pensato che solo dei popoli barbari potevano ornare i loro luoghi dii culto con scene degne di un bordello. 

Anche noi, oggi, vediamo nel Kamasutra un libro osceno o quanto meno immorale. Ma ci sbagliamo, perché lo guardiamo da una prospettiva diversa; per gli orientali testi come il Kamasutra sono considerati etici e religiosi perché regolano il rapporto di coppia a 360 gradi. E non dobbiamo pensare che il senso morale dei popoli orientali sia più permissivo del nostro, anzi sono ancora più rigidi di noi nel campo dell'etica sessuale, seguono soltanto regole diverse.



 ALLA BASE CI SONO DIVERSE MOTIVAZIONI ETICO SOCIALI

In Oriente le motivazione appaiono abbastanza evidenti e chiare. La famiglia si fonda sull'amore sessuale della coppia feconda. Appare pertanto evidente che i due coniugi debbano trovare la maggiore soddisfazione possibile nell'ambito della loro intimità. Inoltre la soddisfazione è la migliore prevenzione della infedeltà coniugale. Fra moglie e marito c'è stato da sempre un mutuo accordo: la donna teneva legato a se il proprio uomo accendendo in lui fantasie erotiche e l'uomo si assicurava la fedeltà della suo donna rendendola sessualmente soddisfatta. Inoltre la frequenza dei rapporti sessuali aumentava le probabilità di un concepimento.







Diverso è sempre stato l'atteggiamento occidentale che ha dato più risalto al matrimonio che al sesso, in quanto quest'ultimo veniva considerato come un possibile nemico della santità della famiglia. L'uomo occidentale ha avuto sempre paura di essere giudicato in funzione delle sue prestazioni sessuali anziché essere  giudicato in base alla sua intelligenza e alle sue doti morali di buon padre di famiglia! Perché se come maschio avesse fallito, per una ragione qualsiasi, avrebbe questo potuto  giustificare l'adulterio da parte di una moglie insoddisfatta!  Meglio non correre questo rischio! Di conseguenza la società ha imposto una sua morale che metteva in primo piano la famiglia, ritagliando per la moglie un ruolo di donna onesta e di madre, reprimendo in lei ogni desiderio sessuale diversamente sarebbe stata considerata una donna leggera, una puttana  buona per amante ma non per moglie! La donna, infatti, fino dalla più tenera età veniva educata per questo ruolo: moglie fedele, madre esemplare, perfetta padrona di casa ma non amante!


L'atteggiamento verso l'uomo è stato sempre più permissivo, si pretendeva anche da lui il senso della famiglia, della santità del matrimonio ma qualche scappatella gli era permessa: si sa, l'uomo ha certe esigenze!
 Agli uomini è concesso di cedere alle tentazioni, poi si pentono e vengono perdonati. Per le donne nessun perdono, debbono custodire la propria "virtù" a costo anche di sacrificare per essa la propria vita!










In definitiva, se si vuole fare una estrema sintesi si può dire che in oriente è stato, da sempre, dato valore all'aspetto costruttivo dell'EROS, in occidente a quello distruttivo!



























































 





















mercoledì 9 novembre 2011

Breve storia del buddismo



Vi propongo una breve storia del buddismo: si tratta di una sintesi chiara e sintetica che può essere d'aiuto a tutti quelli che voglio incamminarsi verso questo Sentiero luminoso ma anche a coloro che vogliono solamente avere qualche conoscenza in più sul buddismo e il suo fondatore.

 Quadro storico-culturale

Al pari del Cristianesimo e dell'Islam, il Buddismo, nato come una grande "eresia" del Brahmanesimo, si è sviluppato come dottrina universale del riscatto dal dolore e della salvezza, nel lungo periodo di tempo che ha visto sorgere, affermarsi e decadere il sistema sociale basato sulla schiavitù, tra il sec. VI a.C. e l'VII d.C.

Oggi è praticamente la quarta comunità religiosa mondiale, dopo Cristianesimo, Islam e Induismo, e conta almeno 3-400 milioni di seguaci.
Il periodo storico che ha caratterizzato questa prima religione veramente universale è stato ricchissimo di fermenti culturali mondiali. Fra l'VIII e il VI sec. a.C. sono accaduti dei veri terremoti spirituali in tutte le civiltà superiori, dal bacino del Mediterraneo alla Cina.
Prendendo come punto di riferimento l'Illuminazione di Siddartha Gotama (circa 523 a.C.), abbiamo che in Grecia tramontano le antiche monarchie di origine sacrale e si sviluppa la filosofia di Pitagora da Samo, Eraclito da Efeso e quella degli Eleati. In Cina, ove insegnano Confucio e Lao Tsu, si estingue l'idealizzato periodo di "Primavere e Autunni". In Persia domina la religione di Zarathustra. A Roma crolla la monarchia. Nel Vicino Oriente declinano le civiltà teocratiche come quella egizia e assiro-babilonese.
In pratica gli uomini abbandonano progressivamente il primato dell'intelligenza intuitiva e ispirativa, e tendono a sviluppare l'intelligenza logico-discorsiva. Lo schiavismo ha bisogno di basi più solide per essere giustificato o, quanto meno, tollerato.
Questa nuova intelligenza delle cose cerca la verità delle cose nell'interiorità dell'essere umano o in un mondo visto con occhi più disincantati, con una mente meno disponibile a credere in spiegazioni mistiche o in tradizioni arcane.
Più in particolare si deve dire che il Buddismo conseguì un immediato successo perché nell'India del VI a.C. la religione brahmanica non solo esprimeva interessi meramente di casta, ma anche perché i sacerdoti, da mediatori tra uomini e divinità, avevano esaltato l'atto di mediazione, il rito, come atto assoluto, facendo dipendere la salvezza da un ritualismo alquanto formale e complicato.





I rapporti tra Buddismo e Occidente


In Europa le prime notizie sugli usi e costumi degli indiani dell'India e sulla religione buddista giunsero al tempo delle conquiste di Alessandro Magno (326-323 a.C.), il quale era rimasto molto colpito dall'ascetismo indù.
Più tardi il re indiano Asoka (III sec. a.C.) invierà dei monaci missionari presso i greci stabilitisi nelle regioni confinanti con l'India nord-occidentale. Si legge in uno dei suoi editti: "Non si deve considerare con riverenza la propria religione, svalutando senza ragione quella di un altro… poiché le religioni degli altri meritano tutte riverenza per una ragione o per l'altra".
Tuttavia, il nome di Buddha viene citato per la prima volta solo da Clemente di Alessandria (150-212 d.C.): questo, nonostante che la tradizione cristiana attribuisca già all'apostolo Tommaso la diffusione del vangelo in India.
Come fatto interessante va notato che la storia del Buddha venne ripresa e adattata ad un contesto cristiano nel libro Vita bizantina di Baarlam e Ioasaf, di contenuto edificante e di controversa datazione (VIII-IX sec.). Il santo Ioasaf non è altri che il Buddha sotto mentite spoglie. L'opera ebbe grande successo e diffusione in Europa, tanto da far accogliere il protagonista nel numero dei santi della cristianità.
Il periodo d'oro dei contatti tra Oriente e Occidente si realizza, pur in mezzo a terribili crociate, nel XIII sec.: dal francescano Giovanni da Pian del Carpine, che scrisse una Storia dei Mongoli, trattando con molto rispetto i buddisti, a Guglielmo di Rubruck, inviato da re di Francia, sino al famoso Marco Polo, inviato da Venezia, che nel Milione esprime la sua ammirazione per la figura del Buddha..
Alla fine del '400, quando gli europei scoprirono la via del mare per andare in Asia, il dialogo si trasformò subito in conquista. Navigatori, commercianti, soldati e missionari portoghesi, spagnoli, francesi e inglesi avevano ben altro da fare che interessarsi del Buddismo. Tra i missionari cristiani interessatisi allo studio delle lingue orientali per comprendere i Canoni, si possono ricordare Francesco Saverio per il Giappone, Matteo Ricci per la Cina, Roberto de Nobili per l'India e Ippolito Desideri per il Tibet.
Bisogna comunque aspettare il 1735 prima di avere, a Parigi, una pregevole Descrizione dell'Impero della Cina e della Tartaria cinese, ad opera di P.G.B. du Halde, il quale si serve delle memorie di 27 missionari.
Ma un vero interesse per le lingue orientali e quindi anche per i testi delle religioni asiatiche matura solo nel XIX sec., allorché E. Burnouf scrisse l'Introduzione alla storia del Buddhismo indiano.
Da allora la conoscenza del Buddismo si è progressivamente approfondita e precisata.







Storia di Siddartha Gotama


La letteratura buddista attribuisce la nascita del movimento al principe indiano Siddharta, poi conosciuto col nome di Gotama, che sarebbe vissuto nel VI sec. a.C. (pare sia nato intorno al 563 a.C.), cioè in un periodo storico già caratterizzato dalla disgregazione della primitiva comunità indiana, cui veniva sostituendosi una società basata sullo schiavismo e sulla divisione in classi sociali contrapposte.
La religione dominante dell'India, il Brahmanesimo, subì una crisi: aumentò nettamente l'insoddisfazione per l'ingiusta struttura di casta e per l'arbitrio dei sacerdoti brahmani, il cui potere (quasi assoluto nella vita civile) cominciava ad essere minacciato da dinastie guerriere.
Va inoltre detto che nel periodo in cui i rapporti schiavistici si rafforzarono (specie nell'India settentrionale), il Brahmanesimo, religione della società schiavistica primitiva, che rifletteva la frantumazione delle comunità tribali, non poteva più servire come base ideologica per i grandi dispotismi schiavistici che si andavano formando.
Siddartha era figlio del governatore di uno dei piccoli e bellicosi regni dell'India del nord, tra il Gange e il Nepal. La stirpe guerriera era quella degli Sakya ("potenti"). Egli trascorre la prima parte della sua esistenza nel lusso e nella mondanità della casa paterna, dove riceve un'educazione legata al suo rango, acquisendo anche nozioni di legislazione e di amministrazione.
A 16 anni il padre lo fa sposare e dopo 13 anni ha un figlio, ma proprio all'età di 29 anni decide di abbandonare tutto e tutti.
Infatti, non avendo mai conosciuto alcun aspetto veramente negativo della vita, in quanto non era mai uscito dai confini del proprio palazzo, rimase un giorno letteralmente sconvolto al vedere, in un villaggio, un vecchio decrepito, un malato grave e un corteo funebre. Improvvisamente capì che esistevano anche le malattie, la vecchiaia e la morte come destino universale degli esseri umani.
Infine incontrò un povero asceta che aveva rifiutato volontariamente ogni ricchezza e piacere della vita e che errava felice per la campagna: decise così di seguire il suo esempio.
In quei tempi, che segnavano l'inizio della speculazione filosofica indiana, svincolatasi dal ritualismo vedico, non erano pochi gli uomini (specie della casta dei guerrieri), e talvolta anche le donne, che abbandonavano il mondo per dedicarsi a una vita di meditazione e ascesi secondo le ben collaudate tecniche dello yoga.
Il Buddha dunque visse per sette anni nella foresta, sottoponendosi - sotto la guida di vari maestri -a digiuni, sofferenze e privazioni d'ogni genere, al fine di conseguire la pace interiore e la conoscenza della verità. Ma non rimase soddisfatto di questa vita.
Abbandonò ogni maestro e decise di ricercare da solo la via della Liberazione (mukti). A 35 anni, giunto alla soglia della morte per esaurimento, una notte -secondo la tradizione-, mentre era seduto ai piedi di un albero, sprofondò nei suoi pensieri pervenendo all'"Illuminazione" (Buddha infatti significa "illuminato" o "risvegliato"). Essa consisteva nel rifiutare sia una vita di piaceri, perché troppo effimera, che una vita di sofferenza volontaria, perché fonte di orgoglio.







                             Le Quattro Nobili Verità


Al momento del "Risveglio" Siddartha credette di riconoscere quattro verità fondamentali dell'esistenza:


  1. la realtà dell'esistenza personale e del mondo esteriore è dolore, consistente nell'invarianza delle sue condizioni: nascita, malattia, morte, mancanza di ciò che si desidera, unione con ciò che dispiace, separazione da ciò che si ama;


  2. l'origine del dolore è il desiderio di esistere, il bisogno del piacere e anche il suo rifiuto;


  3. questa sete generatrice delle rinascite va estinta nel Nirvana (il desiderio va eliminato);


  4. la via che conduce all'arresto del dolore è il Dharma (cioè l'Ottuplice Sentiero).


Insomma, Siddartha ad un certo punto s'era reso conto che l'ascetismo estremo non faceva che respingere a livelli più profondi di coscienza, rafforzandoli, gli impulsi e gli istinti ch'egli presumeva di sradicare.
La retta via -disse Buddha- sta nel mezzo (Via Mediana). Il segreto della felicità sta nell'accettarsi così come si è, rinunciando ai desideri, la cui consapevolezza rende infelici non meno della loro realizzazione. Infatti ogni desiderio soddisfatto porta a maturarne un altro ancora più grande. Rinunciare ai desideri significa rinunciare a una inutile sofferenza. La condizione suprema della felicità è quella del Nirvana, in cui l'uomo è felice pur non desiderandolo, è felice perché ha vinto l'Illusione cosmica (maya).





Successo della predicazione


Scoperta la vera via, Buddha, che intanto si è già circondato di vari discepoli, comincia con loro a predicare il Dharma (legge, regola della dottrina buddista) per tutta l'India, a partire da Benares e rivolgendosi (diversamente dai brahmani) alla gente comune, usando i loro idiomi locali. Si forma anche una comunità femminile.
Dopo circa 40 anni di pellegrinaggio e di insegnamento, egli morì, avvelenato da cibi guasti, e fu cremato dai suoi discepoli secondo il rito indiano (circa 480 a.C.).
Nel III a.C. il re Asoka, capo di una dinastia che lottava per unificare sotto il suo dominio la maggior parte dell'India, si convertì al Buddismo e contribuì alla sua diffusione, dentro e fuori dell'India, facendone una religione di stato.
Il Buddismo infatti tornava comodo alla dinastia Maurya, originaria di una bassa casta, la quale, dopo aver cacciato i conquistatori greco-macedoni (324 a.C.), e portato a termine l'unificazione nazionale a prezzo di terribili carneficine, aveva bisogno di ordine (e le comunità buddiste erano strutturate con molta disciplina), nonché di un'ideologia nazionale (e il buddismo non era in rapporto coi culti tribali locali, inoltre con la sua dottrina della "non resistenza al male" poteva aiutare i governanti a tenere il popolo sottomesso).
E così i missionari buddisti cominciarono a diffondere la Legge del Buddha oltre i confini dell'India, soprattutto in Asia (Kashmir, Himalaya, Birmania, Thailandia), in Africa (Egitto), ma anche lungo le sponde del Mediterraneo (Siria, Egitto, Macedonia, Epiro).





Le prime comunità


Nei primi tempi della sua predicazione, il Buddha non ebbe in mente d'imporre una particolare disciplina monastica. Dovrà però farlo quando si troverà ad essere il capo di un Ordine.
All'inizio i discepoli provenivano dai ceti più elevati. Venivano esclusi i debitori, gli schiavi, i malati contagiosi, gli incurabili, gli eunuchi, gli assassini, i minori di 15 anni di età e coloro i cui tutori legali si opponevano.
Le maniere di vivere il Buddismo sono, ancora oggi, fondamentalmente due: l'appartenenza all'Ordine composto da monaci (bhiksu) o monache (bhiksuni) e la confraternita dei laici (upasaka).
Il monaco deve avere la testa rasata, non deve portare barba e baffi; la sua tunica dev'essere ampia e di colore giallo-arancione; una ciotola appesa alla cintura sta a indicare che la questua è il suo unico mezzo di sostentamento; il suo vitto-base dovrebbe essere costituito da pane e acqua, brodo e riso cotto, e comunque egli non deve ingerire alcun alimento solido tra mezzogiorno e l'alba del mattino successivo. Unici oggetti personali, oltre a quelli detti, un paio di scarpe,un rasoio, un ago (per tunica, saio e mantello) e un filtro per l'acqua.
Egli non può esercitare un mestiere remunerato e può ricevere doni solo in natura, non in denaro. Il celibato è d'obbligo.
Il monaco pratica, circa una volta al mese, la confessione pubblica delle proprie colpe, guidata dal monaco più anziano: sono previste le relative penitenze, specie per chi non si pente (i precetti sono 227).
Il monaco non deve essere causa di dolore per alcun essere vivente (animali inclusi).
Sul piano rituale, il Buddismo rifiuta le cerimonie raffinate tipiche del brahmanesimo e proibisce ovviamente i sacrifici di animali. Il culto è diretto da monaci che leggono i testi canonici; i laici non prendono parte attiva alle cerimonie divine.
I monaci devono essere continuamente in viaggio per diffondere la Legge del Buddha: non hanno quindi fissa dimora; i monasteri sono solo luoghi d'incontro per i giorni di ritiro e per il periodo delle piogge (luglio-ottobre), in cui vige la proibizione di uscire dal monastero, anche per la questua. Possono anche curare l'istruzione religiosa dei giovani.
Molto praticati i pellegrinaggi presso i luoghi che ricordano le tappe della vita del Buddha.
Non avendo lo stato monacale un valore di investitura divina, il monaco può tornare allo stato laicale se non ha più intenzione di seguire le regole dell'ordine.





La legge della causalità


Nel Sermone di Benares, con cui il Buddha inizia la sua predicazione, viene chiaramente negata l'essenza a tutte le cose, motivando ciò col fatto che ogni cosa trae la propria realtà da altre cose che ne sono la causa. Solo il Nirvana sfugge a tale destino, in quanto non è uno "stato", bensì una "condizione" di assenza (non c'è morte e vita, gioia e dolore…). Lo stesso "io" non è che una successione di stati di coscienza fondati su un insieme di psichismi, sensazioni e parvenze fisiche. L'io, se lo si intende come "realtà", non è che un'illusione.
Il Buddismo infatti parte dal presupposto che tutta la vita è dolore, esso cioè da per scontato che i desideri non possono realizzarsi e che, anche quando lo sono, non procurano la felicità, poiché ne sorgono altri di grado superiore o di diversa natura. In tal senso anche il piacere è dolore, in quanto implica adesione a qualcosa di estraneo.
L'origine del dolore è la "sete" o desiderio, che può essere di tre tipi: piacere, voler esistere, non voler esistere, e vi sono tre radici del male: concupiscenza (brama), ira (odio) e ottenebramento (cecità mentale).
L'io che non riesce a sottrarsi a questa schiavitù, è destinato a reincarnarsi (samsara) in eterno, almeno fino a quando non si sarà purificato interamente.





I dharma


Secondo i buddisti l'io non è un'entità individuale (come nelle Upanishad), ma è una combinazione di particelle diverse (dharma o qualità spirituali), di tipo sensitivo, volitivo, percettivo e di impulsi innati: non esiste l'unitarietà dell'io né la sua personale immortalità.
Le parti costitutive dell'io, o meglio, i fenomeni psico-fisici dell'esistenza vengono classificati come Aggregati, Basi ed Elementi.
Gli Aggregati sono cinque:


  1. Forma o Materia (il proprio corpo, elementi fisici del mondo);


  2. Sensazioni;


  3. Nozioni o Ideazioni;


  4. Costruzioni psichiche soggettive o propensioni karmiche (complessi innati derivati dall'ignoranza);


  5. Coscienza (scorrere dei pensieri).


Le Basi sono dodici:


  1. sei sono interne: occhio, orecchio, naso, lingua, corpo e mente, cui corrispondono


  2. sei basi esterne: visibile, suono, odore, sapore, tangibile, idee.


Gli Elementi sono diciotto:


  1. sei basi interne;


  2. sei basi esterne


  3. e le rispettive conoscenze che tuttavia costituiscono l'elemento mentale: le idee, per cui si può parlare di 17 elementi effettivi.


Questa triplice classificazione è basata sul fatto che il modo di apprendere è diverso tra gli esseri umani: può essere conciso, normale, prolisso, ecc.
In altre parole i dharma costituiscono l'infinita varietà dei modi della realtà e quindi gli infiniti accadimenti della nostra esistenza, frutto di azioni compiute in passato e semi di eventi futuri.
Io e Mondo sono il risultato dell'unione di vari dharma, che fluiscono continuamente in un perenne gioco di associazioni e dissociazioni, di aggregazioni e disgregazioni, guidato dalla legge etica del karman, che è una sorta di principio retributivo (preso dal Brahmanesimo), secondo cui i dharma sono costretti a reincarnarsi finché l'io non si è purificato: l'uomo deve rispondere sia della vita trascorsa che della vita passata nelle generazioni precedenti. Questa circolazione o flusso dei dharma è la ruota della vita da cui appunto ci si deve liberare.





L'Ottuplice Sentiero


Sul piano pratico il buddista, per arrivare all'eliminazione dei desideri, deve seguire le otto vie fondamentali del Dharma:


  1. retta visione, per cui si contempla la realtà com'è, senza inquinarla coi propri complessi inconsci, abitudini inveterate, pregiudizi, ripugnanze innate, limitazioni caratteriali, memoria automatica ecc.


  2. retto pensiero, possibile solo con un esercizio ininterrotto del controllo della propria rappresentazione concettuale;


  3. retta parola, cioè sua perfetta corrispondenza, senza enfasi né sciatteria, con l'oggetto enunciato;


  4. retta azione, che è l'agire esattamente quando e quanto sia necessario;


  5. retta forma di vita, cioè il saper mediare fra le necessità della vita fisica sulla terra e i fini spirituali che ognuno si propone di conseguire;


  6. retto sforzo, cioè saper adeguare esattamente ogni iniziativa all'importanza dello scopo da conseguire;


  7. retta presenza di spirito, cioè costante ricordo di quanto si pensa, si fa e si sente, in modo da essere continuamente presente a se stesso;


  8. retta pratica della meditazione, senza sostare con la mente in stati d'animo depressi o esaltati.



















Il Nirvana


Seguendo queste otto strade l'uomo giunge alla perfezione e sprofonda nel Nirvana, il quale -secondo la scuola Mahayana- rappresenta il completo annientamento o non-essere, raggiungibile anche in vita e quindi definibile in senso positivo, come stato di pace totale e di gioia assoluta e di verità ultima, che però solo gli illuminati scorgono.
Viceversa, seconda la scuola Hinayana, il Nirvana sfugge a qualsiasi definizione, poiché rappresenta la fine della vita accessibile alla coscienza e il passaggio a un'altra esistenza, inconsapevole, possibile solo dopo la morte.
In entrambi i casi Nirvana significa interruzione della catena delle reincarnazioni (samsara).
Secondo i buddisti, lo stesso Buddha, prima di nascere come Gotama, avrebbe subìto una lunga serie di rinascite. Egli fu però anche il primo uomo a raggiungere l'Illuminazione, per cui la sua morte ha rappresentato l'immediato passaggio al Nirvana.
Nirvana dunque, anche se letteralmente significa "estinzione", spiritualmente significa "beatitudine".





La Meditazione


Il mezzo fondamentale per percorrere l'Ottuplice sentiero è la Meditazione, che si sviluppa su due linee diverse e complementari:


  1. Acquietamento o Purificazione


  2. Si propone una condizione di totale trasparenza immobile della coscienza (atarassia). Consiste nel focalizzare l'attenzione su un solo punto, che in realtà è un'immagine simbolica, da utilizzare come supporto per il processo, operando una graduale esclusione degli stimoli sensoriali periferici, che sono i desideri di essere stimolato, avversione, torpore, irrequietezza, scetticismo. L'atto meditativo di volge sul medesimo pensiero dell'asceta, il quale raggiunge i primi quattro livelli di perfezione: quieta felicità, fine del pensiero logico-discorsivo, fine dei fattori emotivi, fine del senso di felicità/infelicità. La "cosa" si tramuta nel "concetto" e il mondo viene appreso "così com'è". Il pensiero diventa consapevolezza universale;


  3. Visione penetrativa o Intuizione







  • Consiste in una vigile attenzione rivolta ai fatti fisici, anche minimi, e ai processi mentali. Conduce a una serie di approfondite purificazioni del pensiero, il quale deve giungere alla consapevolezza che l'essenza degli elementi della realtà è data dallo stesso pensiero che se li rappresenta, ma che, di per sé, è inesistente. La realtà va sperimentata come "vuoto", in particolare come vuoto "noetico", al quale cioè corrisponde la condizione soggettiva di "estinzione" (Nirvana), in cui soggetto e oggetto devono identificarsi, altrimenti, di fronte al "nulla" che spiega le cause, l'io potrebbe disperare.













  • I quattro Concili


    La disciplina delle comunità monastiche (e laicali) andò configurandosi attraverso quattro Concili, il primo dei quali (483 o 477 d.C.), a Rajagriha, ebbe appunto lo scopo di fissare un primo Canone.
    Il secondo Concilio di Vaisali (383 o 367 a.C.), fu causato da una questione di disciplina monacale, ma porterà al più grande scisma in seno al Buddismo, quello tra le scuole Hinayana e Mahayana.
    I punti controversi furono cinque:


    1. un monaco, pur con tutta la sua santità, può essere soggetto a necessità fisiologiche incontrollate;


    2. la sua illuminazione non esclude di per sé residui di ignoranza nella vita quotidiana;


    3. il monaco può essere soggetto a dubbi;


    4. la sua conoscenza su fatti contingenti può essere acquistata con l'aiuto di altri (non per immediata intuizione);


    5. il monaco può definire con parole del linguaggio ordinario la Via ineffabile che conduce al Risveglio.


    Come si può notare, erano tutte obiezioni che si ponevano come scopo quello di democratizzare e umanizzare un movimento troppo rigido ed elitario. L'ideale qui diventa non tanto il singolo che ha raggiunto l'Illuminazione per se stesso, con particolari pratiche ascetiche, ma il laico comune, il quale, pur in grado di giungere all'Illuminazione, vi rinuncia e in nome della compassione si adopera per aiutare tutti gli altri esseri umani a trovare la via della perfezione.
    Duecento anni dopo il secondo Concilio si contano già 18 scuole, ognuna delle quali sostiene di essere la vera interprete della dottrina del Buddha.
    Il terzo Concilio di Pataliputra, indetto dal sovrano Asoka verso il 243-242, ebbe lo scopo di arginare i tentativi di reintrodurre la nozione hindu dello atman (il "se stesso"), sotto il nome di pudgala ("persona"), responsabile del karman.
    In questo Concilio, inoltre, un migliaio di monaci lavorarono per nove mesi a controllare, completare e classificare le tradizioni tramandate.
    Nel quarto Concilio di Harvan si discusse la revisione del Canone operata dalla scuola dei Sarvastivadin, per la quale occorreva preservare un minimo di realtà all'esperienza del mondo, altrimenti verrebbe a mancare il rapporto di causa ed effetto su cui è basata la legge del karman.





    Testi canonici


    I testi sacri riconosciuti come autentici dal Buddismo sono raccolti in due Canoni, denominati, in base alle scritture usate, Pali e Sanscrito.


    1. Il Canone Pali (deciso nel I sec. a.C.) è chiamato anche Tripitaka, perché raggruppa il corpus in tre parti (o "Tre canestri": infatti i libri di ogni raccolta, scritti su fogli di palma, potevano essere contenuti in una cesta). Esso rappresenta una sintesi delle dottrine predicate dal Buddha o a lui attribuite e delle teorie elaborate dalla scuola Hinayana.


    2. La prima cesta (Vinaya) comunica le regole da osservare nelle comunità monastiche; essa si compone di tre raccolte di libri: sono talmente voluminosi che per leggerli tutti, al Concilio di Rangoon (1954), ci vollero 169 sedute in 46 giorni;


    3. la seconda cesta (Sutra) parla delle conversazioni di Buddha coi suoi discepoli ed è il doppio della prima; la recita dei sutra è la base del culto e della meditazione di monaci e laici. Il loro linguaggio è poetico, le composizione sono ritmiche, molto convincenti le spiegazioni di difficili tematiche spirituali e psicologiche. Questa cesta contiene anche 547 leggende relative alle esistenze precedenti del Buddha;


    4. la terza cesta (Abhidarma) fornisce la spiegazione dei principali dogmi del Buddismo contenuti appunto nel Sutra (metafisica). Questi testi sono stati composti da ignoti autori dal III al I sec. a.C. e sono ad uso degli specialisti.


    5. Il Canone Sanscrito, nato circa sei secoli dopo la morte del Buddha, varia molto, come suddivisione e denominazioni, da Stato a Stato. Esso sostanzialmente è legato alla scuola Mahayana. Questa tradizione, i cui testi sono molto estesi, sostiene che Buddha avrebbe riservato la parte più sottile della sua verità alle generazioni posteriori. Un'edizione del Canone buddista, il Taisho Shinshu, stampato a Tokyo, comprende ben 100 volumi e fa capire la necessità di dover scegliere una "pars pro toto" per la fede personale. Tra le numerose scritture del Mahayana meritano d'essere ricodarte La sutra della perfetta sapienza e soprattutto il Libro tibetano dei morti, che suscitò grande interesse in Occidente.







    Il Buddismo è una religione?


    Buddha non negò esplicitamente l'esistenza degli dèi brahmani, ma questi -secondo la sua filosofia- non possono evitare all'uomo le sofferenze della vita, per cui credere o non credere in loro non cambia le cose. Il cammino che porta alla salvezza l'uomo -secondo Buddha- deve trovarlo da solo.
    D'altra parte anche le divinità sono, per il Buddismo, soggette al samsara, e l'Assoluto o l'Eterno non corrisponde che al concetto di Vacuità (sunyata). Il Brahman è il nulla (la differenza dall'Induismo è evidente).
    Le domande metafisiche o teologiche sull'essenza del mondo, sull'origine dell'universo ecc. vengono considerate inutili ai fini dell'Illuminazione. Anche la Cosmogonia è ridotta a pochi enunciati.
    Il Buddismo vuole porsi come filosofia di vita e soprattutto come pratica meditativa. Nel momento dell'Illuminazione il Buddha avrebbe intuito un preciso imperativo etico: "liberarsi dalle opinioni". L'atteggiamento quindi vuole essere di tipo anti-dogmatico. "La dottrina è simile a una zattera -disse il Buddha -, serve per attraversare e non trasportarsela sulle spalle".
    Questo ovviamente non significa che il Buddismo, al pari di ogni altra religione, non abbia i propri dogmi, i propri canoni, i propri riti e persino il proprio misticismo.
    Va inoltre considerato che se si accetta l'idea che la divinità sia il "totalmente altro", non si può escludere l'ipotesi che il Buddismo sia anche una religione.
    è stata proprio questa particolare forma di "ateismo implicito" o, se vogliamo, di "apofatismo religioso" che per molti intellettuali occidentali ha fatto del Buddismo un oggetto di interesse e di studio: si pensi a Schlegel, a Schleiermacher, ma soprattutto a Schopenhauer, a Hesse (di quest'ultimo è famoso il libro Siddharta). In Italia molto noto fu il libro di Liliana Cavani, Vita di Milarepa. Grande successo ha avuto il recente film di B. Bertolucci, Piccolo Buddha.





    Comportamento sociale


    Sul piano del comportamento sociale, il Buddismo rifiuta il sistema brahminico delle caste e riconosce l'uguaglianza formale di tutti gli uomini ("formale" perché di fatto con la dottrina della "non resistenza al male" esso disarma spiritualmente il popolo di fronte agli sfruttatori). Ogni uomo ha uguali possibilità di salvezza morale, poiché tutto dipende dalla sua volontà.
    Il buddista ama non tanto il singolo, quanto il genere umano. Non si difende dal male ricevuto, non si vendica, non condanna chi commette un omicidio. Nel complesso il buddista ha un atteggiamento di indifferenza per il male, rifiutando soltanto di non compierlo.
    D'altra parte -dice il Buddismo- "chi ha sana la mente non compete col mondo né lo condanna: la meditazione gli farà conoscere che nessuna cosa è quaggiù durevole, salvo gli affanni del vivere".
    Il buddista sostanzialmente è convinto che chi compie il male, vedendo la non-reazione da parte di chi lo subisce, ad un certo punto si renderà conto che è inutile continuare a compierlo.





    Regole etiche di vita


    I precetti fondamentali del Buddismo, per quanto riguarda le regole etiche di vita (sila) sono divisi in tre gruppi: i cinque divieti, gli otto comandamenti e le dieci condotte morali. In pratica si tratta degli stessi comandamenti, cui ogni volta se ne aggiungono altri.


    1. I cinque divieti sono:


    2. non uccidere alcun essere vivente,


    3. non prendere l'altrui proprietà,


    4. non toccare la donna altrui,


    5. non dire menzogne,


    6. non bere bevande inebrianti.


    7. Gli otto comandamenti includono i suddetti cinque divieti, cui se ne aggiungono altri tre:


    8. non mangiare cibo nei tempi non dovuti;


    9. astieniti dal canto, dalla danza, dalla musica e da ogni spettacolo indecente; non ornare la tua persona con ghirlande, profumi e unguenti;


    10. non usare sedili alti e lussuosi.


    11. Gli ultimi due precetti morali sono:


    12. non adoperare letti grandi e confortevoli;


    13. non commerciare cose d'oro e d'argento.


    Naturalmente questi precetti diventano tanto più esigenti quanto più uno cerca di purificarsi spiritualmente: il divieto di uccidere si estende fino a tutti gli animali, nessuno escluso; l'acqua può essere bevuta solo se filtrata; non si può usare l'aratro perché potrebbe ferire i vermi della terra; la castità sessuale deve essere completa; la povertà dev'essere assoluta ecc.
    È bene però precisare che per raggiungere la Liberazione, più che una vita moralmente ineccepibile, la quale al massimo può dar luogo a un buon karman, il buddista deve dedicarsi alla Meditazione, che comporta un'energica disciplina ascetica (yoga), la cui esperienza in un certo senso va al di là di ogni morale. L'io deve liberarsi dell'Illusione circa la realtà del mondo e soprattutto circa la sua personalità, per sprofondare nel "non-io", nel "non-essere".
    Ciò tuttavia non ha impedito a molti monaci d'impegnarsi attivamente a favore delle rivendicazioni democratiche e dell'indipendenza nazionale (vedi p.es. in Vietnam al tempo della guerra contro gli USA).





    Virtù morali


    Quanto alle virtù morali che deve seguire il buddista, esse in sostanza si riducono a quattro:


    1. compassione (percepire dentro di sé la gioia e il dolore dell'altro);


    2. amorevolezza verso tutti gli esseri viventi;


    3. letizia e considerazione del lato positivo delle cose;


    4. imparzialità nel considerare la realtà







    La condizione della donna


    Durante la sua predicazione, il Buddha sostenne sempre una fondamentale misoginia, al pari di tutti i filosofi dell'antichità.
    La donna era vista come una fonte di tentazione del tutto incompatibile con la vita ascetica; essa ovviamente non veniva condannata come persona, ma piuttosto come potere di seduzione che porta a quell'attaccamento per la vita che, attraverso le generazioni, perpetua la condizione di "essere nel mondo" e vincola, di conseguenza, l'individuo al suo dolore, alla sua cieca ignoranza, alla ruota delle rinascite.
    Poiché l'amore e l'unione sessuale sono -secondo Buddha- le forme più primordiali in cui si manifesta la sete di vita, il Buddismo classico non poteva che negare alla donna la possibilità di giungere al Nirvana: l'unica condizione, per una donna, era quella di estinguere in sé tutto ciò che è femminile, cioè in sostanza sforzarsi di sviluppare un pensiero maschile al fine di poter rinascere come "uomo".
    Solo dopo molte discussioni e polemiche, il Buddha consentì ad ammettere le donne fra i suoi discepoli, in comunità ovviamente separate, soggette a regole analoghe e, in più, alla sorveglianza da parte dell'abate della più vicina comunità monastica maschile, con l'obbligo inoltre di obbedire ai monaci maschi di qualunque età. A queste condizioni era possibile anche per loro raggiungere il Nirvana.
    Questa forma di maschilismo è venuta attenuandosi col tempo, fino al punto che si è cominciato a produrre, sul piano artistico, delle figure mitiche del Buddha con aspetti femminili.
    Va detto tuttavia che il Buddismo non interviene negli aspetti della quotidianità e neppure nelle vicende fondamentali della vita, come il matrimonio e la nascita dei figli, i cui riti si basano sempre su usanze locali.
    Le regole di condotta previste dal Buddismo per la vita matrimoniale sono essenziali, basate sostanzialmente sul buon senso e quindi praticabili da chiunque.





    Due scuole fondamentali


    Intorno al I sec. d.C., il Buddismo si divide in due tendenze fondamentali, ognuna delle quali, a sua volta, si suddivide in una trentina di correnti:
    HINAYANA o "piccolo veicolo" (stretta via della salvezza), che richiede una rigorosa osservanza delle otto vie. I seguaci di questa corrente ritengono che solo i monaci possono raggiungere il Nirvana. Non considerano Buddha un dio, ma solo un maestro di perfezione morale. Si dedicano alla predicazione, allo studio dei testi canonici, alla venerazione dei luoghi legati alla vita di Buddha, ecc. Questa corrente nega recisamente l'esistenza dell'atman (l'io individuale), ammessa invece dal Brahmanesimo, e ritiene inutili i riti, le devozioni, i simboli e i sentimenti religiosi. Essa si è diffusa soprattutto in Birmania, Thailandia, Laos, Cambogia e soprattutto Sri Lanka.
    MAHAYANA o "grande veicolo" (larga via della salvezza), che permette la salvezza anche al laico, in forme meno rigide. La scuola Mahayana, che peraltro sostituì la lingua Pali, usata dal Piccolo Veicolo, con il Sanscrito, costituisce lo sviluppo del Buddismo in senso filosofico, mistico e gnostico. Essa riconosce un gran numero di divinità, fra le quali annovera lo stesso Buddha. Anzi, Siddartha Gotama non sarebbe che uno dei buddha: ne esisterebbero altre centinaia (sovrani del paradiso, del futuro, del mondo ecc.). Concezione, questa, che permetterà al Buddismo di assimilare facilmente altre religioni.
    Oltre ai buddha vi sono i santi, cioè coloro che, pur avendo acquistato il diritto d'immergersi nel Nirvana, hanno deciso di restare ancora un po' di tempo sulla terra per salvare gli uomini. I mahayanisti, a differenza degli hinayanisti, credono anche negli spiriti maligni e in altri esseri soprannaturali, nonché nella differenza tra paradiso e inferno, e negano l'esistenza dei dharma come entità a se stanti. Nel paradiso si trovano le anime dei giusti (anche laici) che devono incarnarsi ancora una volta sulla terra prima di raggiungere il Nirvana. Questa corrente, che praticamente non ha nulla del Buddismo originario (che, nonostante tutto, era rimasto un movimento elitario), si è diffusa tra il II e il X sec. nell'Asia centrale, nel Tibet, in Cina, Vietnam, Corea e Giappone, Mongolia e Nepal (per qualche tempo anche in Birmania, Indonesia e India settentrionale).





    Vajrayana (Via dei Tantra)


    La terza corrente del Buddismo, detta anche Veicolo del Diamante, quella meno diffusa (circa 20 milioni di seguaci), e che più si è allontanata dalle origini, insistendo proprio sui punti che il Buddha aveva maggiormente criticato: il ritualismo, la mistica e la magia, si è affermata verso il VI sec., diffodendosi prevalentemente in Mongolia e nel Tibet, ma anche in Nepal, Cina e Giappone.
    Questa corrente, senza la scuola Mahayana, difficilmente avrebbe potuto costituirsi.
    I suoi due rami principali sono il Lamaismo e lo Zen.
    Queste correnti esoteriche (chiamate anche col nome di Veicolo delle formule magiche o Mantrayana), attribuiscono importanza centrale alla ripetizione di formule sacre (mantra) per raggiungere l'Illuminazione.
    Nel Tibet questa corrente, nata verso il 750, assunse il nome di Lamaismo, diffondendosi anche in Mongolia e Siberia. È L'unica corrente strutturata in maniera gerarchica.
    Per i suoi seguaci il Tibet rappresenta come una "casa madre" e una "terra promessa". Lhasa, la capitale, è considerata "città sacra". Anche la lingua tibetana è ritenuta "sacra".
    Essendo il prodotto di una fusione di Buddismo e religioni animistiche e sciamaniche, il Lamaismo dà notevole importanza agli scongiuri magici, alla conoscenza mistica e alla musica, con l'aiuto dei quali esso è convinto di poter raggiungere il Nirvana in tempi molto brevi.
    Molto influenti sono stati i monaci, chiamati Lama, che riuscirono a costituire un governo ierocratico: nominalmente il potere civile apparteneva agli imperatori cinesi, di fatto erano i monaci a comandare e i loro dirigenti venivano scelti tra le famiglie feudali più influenti.
    L'ultimo Dalai Lama, non avendo accettato l'unificazione del Tibet con la Cina comunista (1951), imposta da quest'ultima, ha deciso, dopo una rivolta fallita, di espatriare in India nel 1959, insieme a 100.000 rifugiati.
    Prima dell'unione con la Cina un tibetano su quattro apparteneva a un ordine religioso.
    Quando il Dalai Lama muore, si pensa ch'egli s'incarni immediatamente in qualche parte del paese. Una ricerca minuziosa viene allora operata tra tutti i neonati maschi che rivelino alcuni segni particolari negli occhi o nelle orecchie o nella pelle… I loro nomi vengono introdotti in un'urna d'oro e poi ne viene estratto uno a sorte. Da quel momento il prescelto viene educato dai sacerdoti, conduce un'esistenza privilegiata e deve astenersi da qualunque forma di impurità e di rapporto sessuale. L'attuale Dalai Lama (XIV Incarnazione) è stato insediato nel 1940. Nel 1990 gli è stato conferito il Premio Nobel per la pace.





    Il Buddismo Zen


    La corrente più mistica del Buddismo è lo Zen, introdotto in Cina nel VI sec. e arrivato in Giappone nel XII, dove divenne la religione dei samurai.
    Esso sottolinea l'indivisibilità del Buddha da tutto ciò che esiste: l'uomo quindi può e deve raggiungere, già in questo mondo, l'unità con la divinità. Ciò può avvenire solo tramite un'Illuminazione interiore, istantaneamente, in condizioni eccezionali, provocate anche da stimoli fisici, poiché la verità non può essere raggiunta razionalmente, né può essere espressa in concetti.
    Uno degli stimoli preferiti, in tal senso, è il senso del bello (che include l'arte di disporre i fiori, la cerimonia del tè, la sobria raffinatezza della casa, ecc.). Il controllo della respirazione è una tecnica fondamentale.
    In questa scuola il monaco può avere famiglia.





    Iconografia


    Per quasi quattro secoli la raffigurazione umana del Buddha, in osservanza alla liturgia aniconica delle primitive scuole buddiste, si limitava a semplici immagini simboliche: impronta dei piedi, un trono vuoto, un turbante, un cavallo senza cavaliere.
    Attraverso la diffusione del Buddismo nel mondo asiatico, e grazie soprattutto all'emergere della tradizione mahayana, si attuarono, a partire dal II sec. d.C., sensibili modificazioni nell'iconografia. Il Buddha in sostanza diventa un "superuomo", con un corpo "glorioso": il turbante, nella statuaria, è stato tradotto come una protuberanza del cranio; l'urna tra le sopracciglia; l'impronta della ruota della Legge sul palmo della mano o sulla pianta dei piedi; il lobo delle sue orecchie tre volte più lungo del normale.
    Il Buddha esprime, a seconda degli atteggiamenti, meditazione, rassicurazione, carità, testimonianza (nell'iconografia tantrica il fiore di loto rappresenta la compassione).





    Espansione geografica e declino storico


    Poiché nel Buddismo non esiste alcunché di etnocentrico, la sua diffusione fu quasi immediata. Nel I sec. della nostra era aveva già raggiunto la Cina; i cinesi lo portarono in Corea e, nel VI sec., i coreani lo introdussero in Giappone, dove, in meno di 50 anni, divenne la religione di stato (VII sec.).
    Al di fuori dell'India, il Buddismo riuscì facilmente a soppiantare i vecchi culti, ma a condizione di trasformarsi in una religione emotiva e ritualistica, disposta ad accettare varie divinità celesti e spiriti infernali, facendo altresì largo uso della musica e delle arti figurative, delle danze sacre e di fastose processioni.
    La decadenza del Buddismo cominciò a verificarsi a partire dal VII sec., dapprima in India, con la rinascita del Brahmanesimo, poi, soprattutto nei secoli IX-XV, in Asia centrale, Afghanistan, Indonesia e di nuovo in India, a causa delle invasioni musulmane.
    Si calcola che almeno 200 milioni di buddisti, che si trovavano in Pakistan e Bangladesh, vennero convertiti a forza all'Islam. A tutt'oggi è rimasto religione di stato solo in Thailandia e Buthan.





    Rinascita del Buddismo


    Il risveglio del Buddismo risale a poco più di un secolo fa ed è dovuto, paradossalmente, all'interesse che alcuni studiosi occidentale cominciarono a mostrare per i suoi testi sacri e i suoi monumenti.
    Nel 1875 viene fondata a New York un'importante Società teosofica. In Europa il Buddismo costituisce motivo di grande interesse da parte del filosofo tedesco A. Schopenhauer; nel 1879 E. Arnold, col libro The Light of Asia, ne divulga fortemente la conoscenza, tanto che all'inizio del secolo XX viene fondata la Buddhist Society of England.
    Poi furono gli stessi asiatici a intraprendere una serie di iniziative per far rifiorire questa dottrina. Sul finire del secolo scorso in India viene fondata la Mahabodhi- Society e, subito dopo, organizzazioni simili appaiono in Giappone, Thailandia e Sri Lanka. Il loro scopo è quello di rinnovare il Buddismo, intensificando l'attività missionaria, purificando la pratica religiosa e studiando scientificamente i Canoni.
    A partire dal 1930 i movimenti di riforma si fanno più decisi. L'appoggio ufficiale dei governi che stanno ottenendo l'indipendenza dal dominio coloniale e l'interesse di studiosi europei permettono un grande rilancio a livello internazionale. Inizia una fase di incontri ad alto livello tra i migliori esponenti del Buddismo.
    Verso la fine degli anni '40, U Nu, primo ministro birmano, elabora e cerca di propagandare il suo "Buddismo sociale", secondo cui non avrebbe mai potuto esserci il benessere nel suo paese fino a quando non si fosse espropriata la terra ai latifondisti. In particolare, egli sosteneva ch'era impossibile cercare il Nirvana quando si è schiavi delle ricchezze o, al contrario, quando si è angosciati dalla lotta per la sopravvivenza.
    Per alcuni paesi (Sri Lanka e poi Vietnam, Laos, Cambogia…), il marxismo appariva come lo strumento più idoneo anche per sostenere la battaglia anticoloniale.
    Nel dicembre 1947 il Congresso pan-singalese invita i buddisti a organizzare un Congresso Internazionale: cosa che si fa nel 1950, sempre in Sri Lanka. Nasce così la World Federation of Buddhist, con sede a Banglok, che stabilisce un programma in tre punti: costituzione di un fronte unitario, diffusione degli scritti del Buddha, espansione missionaria anche fuori dell'Asia.
    Lo sforzo attuale del Buddismo, relativamente all'ultimo punto, è quello di diffondere lo spirito di fratellanza universale e di non-violenza, ovvero quello di collaborare a iniziative umanitarie per combattere il fanatismo e la guerra.
    Nel 1975 è stata fondata a Parigi l'Unione Buddista Europea, che tiene ogni anno un'assemblea generale, di volta in volta in una diversa sede europea, per discutere i differenti aspetti della presenza del Buddismo in Europa, orientale e occidentale.





    In Italia


    In Italia esistono almeno 60 centri buddisti, in gran parte nelle regioni settentrionali (solo due al sud).
    Tutte le grandi scuole tradizionali sono presenti: in particolare quella Theravada (Sri Lanka e Sudest asiatico), quella Zen (Giappone) e quella tibetana.
    Di questi centri, 28 fanno capo all'Unione Buddista Italiana, nata nel 1985 (dei quali 16 sono di scuola tibetana), che è stata riconosciuta dallo Stato come "ente morale avente fini di culto", e che attende di poter firmare un'Intesa vera e propria. L'UBI non è interessata a un insegnamento del Buddismo nella scuola statale, ma chiede di partecipare alla ripartizione dell'8 per mille del gettito Irpef.
    In tutto i buddisti italiani sono circa 60.000 (di cui 44.000 cinesi e cingalesi immigrati e rifugiati; 16.000 di varie nazionalità, inclusa quella italiana); la presenza femminile, di ceto medio-alto, con interessi nei campi dell'ecologia e della non-violenza, è preponderante: 70%.
    I monaci buddisti sono una decina di stranieri e una quarantina di italiani, prevalentemente seguaci della tradizione Zen. I monasteri sono tre.
    Escludendo qualsiasi intento di proselitismo, i buddisti italiani si dedicano prevalentemente al volontariato, ad attività socialmente utili, al dialogo interreligioso e interculturale.
    Le riviste più importanti sono: Paramita, Siddhi, Sati, Zen, Merigar, che tirano nel complesso più di 7.000 copie.





    In Europa e negli Stati Uniti


    In Europa i buddisti sarebbero 1,5 milioni, di cui 600.000 in Francia (400.000 rifugiati dal sudest asiatico: Vietnam, Laos e Cambogia, 50.000 di origine cinese, 150.000 francesi. Poi vi sono 300 gruppi di preghiera, 90 Istituti di formazione e 19 centri di meditazione).
    In Gran Bretagna i buddisti provengono prevalentemente da Birmania, Sri Lanka e Thailandia.
    Negli USA, contanto anche l'immigrazione asiatica, si arriva a 5-10 milioni di fedeli, di cui almeno 300.000 euro-buddisti, cioè convertiti provenienti da tradizioni giudaico-cristiane.

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